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Tunisia: una democrazia senza democrazia?

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La politica tunisina vive un momento paradossale in cui il pluralismo frutto della rivoluzione ha riportato sulla scena partiti e personalità che rimpiangono il vecchio regime e il suo autoritarismo

Di Samir Hamadi, al-arabi al-jadid (30/01/2018). Traduzione e sintesi di Laura Serraino.

Nella politica tunisina, dopo il collasso del sistema monopartitico e la fuga del tiranno, sono sorti nuovi problemi riguardanti la natura dell’attività partitica all’interno del pluralismo politico di cui gode il paese. Sebbene la costituzione tunisina, promulgata tre anni fa, indicasse una seconda fase della repubblica, l’élite politica tunisina è sembrata poco disposta ad abbracciare il modello di transizione politica adottato dal paese.

Possiamo descrivere questa situazione contraddittoria come il paradosso tunisino, tra una scena democratica pluralista caratterizzata da varietà, gruppi partitici e figure politiche che non hanno sviluppato i discorsi e la pratica politica necessari per questi cambiamenti, e la nostalgia della tirannia da parte delle élite politiche. Tali tendenze si manifestano nelle posizioni di queste forze riguardo la democrazia e il riconoscimento di pluralismo e diversità.

Alcune figure politiche e partiti non nascondono la loro tendenza verso regimi autocratici. Ci sono un certo numero di posizioni che dobbiamo spiegare per comprendere il sostegno da parte del Fronte Popolare di sinistra al colpo di stato egiziano che ha estromesso i Fratelli Musulmani dalla presidenza. Questo accadeva nel contesto della lotta contro il governo della troika in Tunisia, ciò vuol dire che il Fronte Popolare gioiva per qualsiasi colpo di stato contro i suoi avversari politici, senza il minimo riguardo per il processo democratico, sollevando, così, più di un interrogativo su quanto il Fronte creda nella democrazia tunisina.

Molti parlamentari e partiti, poi, hanno dichiarato il loro sostegno al regime di Assad e, addirittura, alcuni si scagliano contro le rivoluzioni, considerate una cospirazione internazionale per distruggere i paesi arabi. A questo punto sorge la domanda: stanno beneficiando del clima pluralista solo per fini opportunistici prima di compiere un colpo di stato?

Queste posizioni vanno da parlamentari e funzionari di partito di varie forze, dal Fronte popolare di sinistra al partito Afaq dei liberali passando per Progetto Tunisi, e rivelano uno stato di schizofrenia politica in cui coloro che chiedono libertà pubbliche al tempo stesso sostengono i regimi autoritari.

Se a queste si aggiungono le forze di partito che rappresentano un’estensione del regime collassato e alimentano la nostalgia per il tempo della tiranna, minacciando gli avversari di escluderli e annientarli, si può comprendere perché la democrazia tunisina non è in grado di progredire nella costruzione delle sue istituzioni. Molti gruppi politici non hanno accolto la grande trasformazione che la rivoluzione tunisina ha espresso nella sua costituzione pluralistica, garantendo diritti e libertà, costruendo uno stato di diritto e stabilendo il principio della pacifica condivisione del potere.

Tuttavia, questo non significa che non esistano forze civili e partiti che credono nel pluralismo e nella democrazia per costruire una vita politica sana. Alcune di loro sono rappresentate in parlamento, anche se la maggior parte si trova al di fuori di esso e si è costituita all’interno dell’opinione pubblica giovanile che ha dato il via alla rivoluzione. Queste forze costituiscono il vero garante della rivoluzione tunisina e della sua mancata degenerazione verso tendenze autoritarie, lontano da politici gravati dal marchio della tirannia o malati di potere che sono disposti a distruggere il sogno di un intero popolo per soddisfare le ambizioni individuali.

Samir Hamadi è uno scrittore e ricercatore tunisino.

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