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Il terzo anno di al-Sisi a capo dell’Egitto

al sisi

L’opinione di Al-Quds. Al-Quds al-Arabi (04/07/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone.

Ieri (3 luglio) è ricorso il terzo anniversario dalla cacciata del presidente egiziano Mohamed Morsi e dalla presa di potere da parte del generale Abdel Fattah al-Sisi con un colpo di Stato “popolare” al quale hanno concorso numerosi fattori e che ha portato a gravi conseguenze per l’Egitto, il mondo arabo e lo scenario internazionale.

La paura della presenza della Fratellanza Musulmana al potere è stato il vero fattore che ha aggregato le élite politiche e gli Stati regionali e internazionali, che hanno incoraggiato, pianificato e attuato la presa di potere. Tuttavia, i terribili mezzi di repressione impiegati contro la Fratellanza (e poi contro altri movimenti politici liberali, come il Movimento del 6 Aprile e i Socialisti Rivoluzionari) hanno in realtà portato alla creazione di una serie di nuove equazioni locali, regionali e internazionali.

Il primo risultato a livello interno è stato lo sviluppo di una netta polarizzazione politica. I media hanno giocato un ruolo determinante nell’esacerbare la situazione d’odio, intolleranza e oppressione contro i Fratelli Musulmani e i servizi di sicurezza si sono impunemente riappropriati delle proprie armi, convertendole in armi terroristiche pronte ad essere rivolte verso chiunque critichi il regime o che riveli i meccanismi di tirannia o di corruzione vigenti. È ciò che è accaduto al capo dell’autorità anti-corruzione Hisham Geneina, destituito dal suo incarico e sotto processo.
Ciò ha portato all’eliminazione graduale del ruolo dei partiti e delle personalità politiche e alla riduzione del peso delle organizzazioni della società civile e dei media, nonché alla limitazione dei meccanismi di protesta e manifestazione.

Oltre alla situazione politica e alla sicurezza, la situazione economica egiziana ha subito una consistente recessione, l’inflazione ha raggiunto livelli elevatissimi, con la diminuzione del valore della moneta e il rallentamento della crescita, alla quale ha contribuito il forte deterioramento del sistema di sicurezza, risultato dell’oppressione degli abitanti del Sinai e della rinnovata forza del gruppo “Stato Islamico”. L’abbattimento dei due aerei e il terribile crollo del turismo ha definitivamente confermato il crollo del regime di al-Sisi e ha smentito le sue promesse politiche ed economiche.

A livello arabo al-Sisi ha sostenuto la stabilità dei regimi contro i popoli che si sono ribellati contro di loro, ha contribuito alla creazione del fenomeno del generale Khalifa Haftar in Libia, ha iniziato una campagna per chiudere il valico di Rafah e ha inasprito i toni contro Hamas. Dunque, il suo governo è stato, sotto tutti i punti di vista, una pubblica ripristinazione dei regimi autoritari arabi e ha solo rafforzato l’alleanza regionale e internazionale contro i popoli in rivolta.

I regimi occidentali hanno dovuto convertire il proprio iniziale entusiasmo per le rivoluzioni arabe e ripristinare una tiepida “lotta al terrorismo”, formula inventata dai neoconservatori ai tempi di George Bush Junior, che non fa che criminalizzare le vittime e spingerle nella morsa dell’estremismo o della prigionia. Si è ormai chiusa la porta delle possibilità di miglioramento delle condizioni dei popoli arabi attraverso la cacciata dei governi autoritari, e d’altro canto il difficile cammino verso la democrazia e la crescente dipendenza da regimi repressivi aprono numerose porte verso un inferno senza precedenti.

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