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Stanchi della vita da rifugiati, i siriani tornano a casa

rifugiati siriani

Di Abo Bakr al Haj Ali. Middle East Eye (27/04/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

Mentre una parte sempre maggiore della Siria meridionale finisce sotto il controllo dell’opposizione armata, un numero crescente di siriani torna a casa, dopo aver vissuto come rifugiati in Giordania. In decine, centinaia al giorno lasciano i campi di Za’atari e Azraq e le città giordane.

Secondo le stime degli attivisti, in questi ultimi due mesi sono tornati tra i 2.000 e i 3.000 rifugiati. Abu Qasim è uno di questi. Originario di Bosra al-Sham, conquistata dai combattenti dell’opposizione a fine marzo, ha trascorso più di due anni nel campo di Za’atari, periodo durante il quale i militanti di Hezbollah si sono appropriati della sua casa.

“Sono consapevole del rischio di rientrare in Siria, ma preferisco vivere sotto i bombardamenti che come rifugiato”, dice. Nonostante gli spari, le bombe e le difficili condizioni di vita, quindi, i siriani continuano a tornare e cercano di condurre un’esistenza normale.

“C’erano bombardamenti e distruzione ovunque. Mi ha sorpreso vedere i bambini giocare per strada e trovare i negozi aperti. Era come se non stesse succedendo niente!”, esclama Abu Qasim. “La vita in Siria non si è fermata, nonostante questi anni di guerra, massacri e caos. La gente va avanti, si sposa, va a lavoro, a scuola, ma tutti ci aspettiamo la morte da un momento all’altro. I missili e le bombe non distinguono tra bambini, donne o anziani”.

Parlando con i rifugiati siriani in Giordania, ritorna sempre la stessa frase: “Qui mi sento al sicuro, ma in Siria sono a mio agio”. Lo dimostra la fila di siriani in attesa dell’autobus che li riporterà nel loro Paese.

Molti hanno deciso di tornare, ma prima aspettano che l’opposizione prenda il controllo dei loro villaggi. Abu Yacoub, che vive con la sua famiglia nel campo di Za’atari da più di due anni, dice: “Ho lasciato Khirbet Ghazaleh quando l’esercito ha preso la città, nel maggio 2013”. Tramite Google Earth ha visto che la sua casa è ancora in piedi e questo basta per voler tornare, non appena l’esercito se ne andrà.

Nel campo di Azraq, 80 km a nord-ovest di Za’atari, Abu Khaled racconta la disperazione della vita da rifugiato – la noia e la frustrazione – mentre al-Musayfirah, la sua città, è nelle mani dei ribelli. La mancanza di reddito e di aiuti, unita all’impossibilità di lavorare senza uno sponsor, gli stanno facendo pensare di tornare in Siria con la sua famiglia il prima possibile.

È la bassa qualità della vita in Giordania, e in particolare la difficoltà di poter lavorare legalmente, che spinge molti rifugiati a guardare verso casa. Come sottolinea Adam Coogle, ricercatore di Human Rights Watch Medio Oriente, “l’alto numero di rimpatri volontari è in parte il riflesso della riduzione dello spazio umanitario in Giordania, dove i siriani trovano problemi a lavorare legalmente, livelli sempre inferiori di assistenza alimentare e costi più alti per le cure mediche”.

Per coloro che decidono di ritornare, il rischio di morire a causa dei barili-bomba si fa sempre più alto. Il governo siriano, infatti, continua a bombardare le aree sotto il controllo dell’opposizione armata nel sud del Paese. Secondo l’Ufficio di Dera’a per la Documentazione delle Vittime, un gruppo di attivisti legati all’opposizione, nel 2015 sono già stati uccisi 350 civili, tra cui 91 bambini e 53 donne, la maggior parte dei quali in attacchi con barili-bomba.

Fonti del governo giordano riportano 107.244 rifugiati siriani a marzo 2015, tra i campi di Za’atari e Azraq. Le autorità sovrintendono ai rimpatri volontari, gestendo il trasporto in autobus fino al confine con la Siria.

Alla fine di marzo, l’UNHCR ha stimato 1,4 milioni di rifugiati siriani in Giordania, di cui solo 627.295 registrati all’ONU. I siriani costituiscono il 20% della popolazione giordana e sono per la maggior parte donne e bambini. Questo esercita una grande pressione economica sul governo giordano: il costo dei rifugiati siriani è stato stimato in 2,99 miliardi di dollari per il solo 2015.

Abo Bakr al Haj Ali è un fotografo e redattore siriano attualmente basato a Dera’a.

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Cristina Gulfi

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  • Sono stato in Siria per turismo, anni fa, GRAN BEL PAESE, bellissima popolazione, spero tanto che torni la pace, sopratutto per i TANTISSIMI BAMBINI. Difronte a questa storia siriana non so che altro dire, ho visto con i miei occhi un POPOLO TOLLERANTE, speriamo che riesca a tornare LIBERO e tollerante come prima. Grazie