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Siria: la vita sotto il controllo di Daish

Dal Christian Science Monitor. El-Balad (27/09/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

Una donna, completamente avvolta in un niqab, sta portando il suo bambino al parco giochi. Un fucile AK-47 in spalla. Niente musica e nessun intrattenimento concesso. Le attività commerciali sono costrette a chiudere durante l’orario della preghiera. Questa è la vita sotto il controllo di Daish (conosciuto in Occidente come ISIS), che è stata mostrata dagli occhi di una donna del posto per France2.

La donna, infatti, ha acconsentito a nascondere una telecamera sotto il suo niqab, riprendendo quello che accade in alcune aree di Raqqa, una città della Siria settentrionale che, da più di un anno, è stretta dalla morsa del gruppo islamista. Il filmato, che è in narrato in francese e sottotitolato in inglese, permette di vedere degli scorci sulla vita quotidiana della città.

Durante il filmato, un ufficiale della polizia religiosa richiama la “donna regista”, invitandola a coprirsi meglio. Mentre alcune donne di Raqqa sono schiacciate dalla repressione di Daish, ce ne sono molte altre, soprattutto straniere, che hanno lasciato la loro vita e le loro famiglie per unirsi all’organizzazione jihadista. Nel video, infatti, è possibile vedere un’altra donna, una delle 150 francesi che si trova al momento in Siria, che sottolinea alla madre, in perfetto francese, le ragioni della sua scelta: “Non ho corso il rischio di venire fino a qui per tornarmene in Francia […] non voglio tornare, qui sto bene, mamma”.

Le donne che arrivano in Siria per sposarsi o per ricongiungersi con il proprio marito sono un elemento essenziale per la propaganda di Daish, spiega France2. Dall’altra parte, però, ci sono genitori che non riescono a metabolizzare la scelta delle proprie figlie, alla luce, soprattutto, delle tremende condizioni cui le donne sono sottoposte.

Nelle interviste che sono state condotte da Christian Science Monitor, alcune donne siriane descrivono le continue difficoltà di vita che si riscontrano con una radicale, e imperdonabile, interpretazione della legge islamica. “Prima potevo andare in Danimarca, a Beirut e girare per tutta la Siria da sola. Ora non posso nemmeno girare un angolo senza essere accompagnata da un uomo”, ha riferito un donna che ha fatto ritorno a Raqqa da Istanbul, dove aveva, vanamente, cercato rifugio.

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