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Siria, la soluzione viaggia su due binari

Di Raghida Dergham. Al-Hayat (08/06/2012). Traduzione di Angela Ilaria Antoniello.

La soluzione alla crisi siriana viaggia su due binari paralleli: uno basato su un’intesa a livello regionale e internazionale circa un processo di transizione che prevede l’abbandono spontaneo del potere da parte di Bashar Al-Assad; e un altro che si basa da un lato sul rafforzamento dell’assedio economico contro il regime di Damasco, attraverso una risoluzione del Consiglio di sicurezza, e dall’altro un intervento militare, come l’istituzione di una no-fly zone e attacchi aerei limitati, organizzata da una coalizione di paesi europei ed arabi, tra cui Francia, Gran Bretagna, Turchia e i Paesi del Golfo, guidati dal Regno di Arabia Saudita e Qatar.

Questi due binari sono al centro degli incontri bilaterali e multilaterali insieme a all’affermazione russa di non ritenere più prioritario che Al-Assad resti al potere e alla dichiarazione degli Stati Uniti circa il loro impegno nel valutare tutte le opzioni per porre fine ai disordini. Naturalmente, in questo periodo Barak Obama è assorbito dalle prossime elezioni presidenziali americane e ha già informato gli attori interessati che le misure militari, necessarie nel caso in cui il piano di Kofi Annan fallisca, non verranno messe in atto prima della data delle elezioni.

La Turchia, che sarà il corridoio principale delle operazioni militari, sta lavorando su entrambi i binari ed è impegnata in un confronto diretto con gli Stati Uniti per evitare di trovarsi isolata in caso di intervento. Contemporaneamente, Erdogan sta negoziando con Vladimir Putin i dettagli del processo di transizione politico.  Il primo ministro turco ha portato sul tavolo del dibattito i seguenti punti: fissare la  data in cui Al-Assad deve dimettersi, formare un governo di transizione e un consiglio militare che si faccia carico della gestione della sicurezza e del cammino verso la stabilità, decidere una data per le elezioni presidenziali entro giugno 2013; e dare credibilità alle dimissioni dell’attuale presidente siriano.

La Russia, d’altro canto vuole giocare un ruolo leader nell’attuazione della soluzione politica. Alla base della sua nuova posizione, improntata sulla “soluzione yemenita”, ci sono diverse ragioni, tra cui il fatto che Putin non può permettersi di legare il suo nome e il nome del suo paese a un regime accusato di aver commesso massacri in modo sistematico. Per cui Putin ha deciso di essere in prima linea nel prevenire il collasso dello stato in Siria anche per rafforzare la sua posizione e la sua influenza a livello internazionale.