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S-M-W, i nomi dal cielo

eclissi lunare di al-Biruni
eclissi lunare di al-Biruni
eclissi lunare di al-Biruni

“Ma ‘smuk? – Ismii…” Come ti chiami? – Il mio nome è… Seduti tra i banchi con l’aria un po’ sperduta, gli studenti di arabo cominciano a prendere familiarità con questa prima, semplice frase. Ism, la parola araba per ‘nome’, si offre subito come appiglio, facile da pronunciare e da tenere a mente. Dopo non molto arriva il cielo, samā’, ed entrambe le parole sono legate alla radice s-m-w che dà vita al verbo samā, essere alto, elevarsi, aspirare a, e al verbo sammā dire, dare nome. Un punto in cui i due significati coincidono è samiyy che significa al contempo ‘omonimo’ e ‘alto, supremo, eccelso’.

L’altezza si lega all’azione di nominare perché la radice s-m-w esprime “i mezzi attraverso cui qualcosa si distingue, sia usando un segno identificativo, sia tenendola in alto in modo che possa essere ben riconosciuta. Indica la vera essenza di qualcosa, le qualità inerenti e i segni dell’esistenza di qualcosa, la sua realtà sottostante”.

 

Che fosse per tenere conto del tempo e così sapere quando pregare, o per determinare la latitudine e la longitudine con le stelle come guida ed identificare la direzione della Mecca, lo sposalizio tra astronomia e mondo arabo-islamico è uno degli aspetti più interessanti che hanno coinvolto al-samā’, il cielo. Anche la navigazione ha influito sull’interesse arabo per la volta celeste, con l’astrolabio d’invenzione greca che determinava la direzione calcolando la posizione di certi astri, perfezionato proprio dagli arabi, che inoltre svilupparono il sestante. Nel IX secolo Al-Khawarizmi, a cui si deve l’algebra, calcolò la posizione del Sole, della Luna e di alcuni pianeti, con relative eclissi. Al-Farghani si dedicò al moto dei corpi celesti e nel XII secolo le sue opere vennero tradotte in latino. Si dice che Dante potè formare le sue conoscenze astronomiche proprio sui libri di al-Farghani.

 

Per il poeta siriano Adonis è la stessa lingua araba ad essere frutto del cielo, come scrive nel suo Concerto per il Cristo velato: “Francesco, come hai potuto comporre il ritmo arabo con quello italiano / la parola discesa dalla bocca del cielo / con la parola sorgente dalla bocca della terra”, riferendosi al maestro Francesco D’Errico che nell’ambito di un progetto dell’Università di Napoli L’Orientale compose un’opera musicale traendo ispirazione da poesie tradotte da Francesca Maria Corrao in Adonis. Nella pietra e nel vento (cfr. Adonis – Ecco il mio nome, Il viaggio del poeta tra Oriente e Occidente, p. 194, nota 6). Adonis ha scelto la radice s-m-w per uno dei suoi versi più potenti “posso trasformare: esplosivo della civiltà – ecco il mio nome” e per uno dei più delicati “prendi una rosa, chiamala canto / e canta per l’universo”. L’ha scelta anche per dire “il mio sangue è migrazione del cielo” e negli abitanti alati di quel cielo ha trovato un luogo che vola, disegnando l’immagine del “fare degli uccelli la nostra patria”. S-m-w, che porta ogni nome in alto affinché ciò che esprime sia ben visibile da ogni distanza, mi fa pensare che scoprire i significati possa compiere ciò che Friedrich Nietzsche esprimeva così: “Un tempo avevi cani feroci nella tua cantina: ma alla fine si trasformarono in uccelli”.

Claudia Avolio

fonte Ifonte II