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Roberta Bongini e Gaia Scuderi ci svelano il mondo meraviglioso della Danza Espressiva Araba® – Terza parte

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Salve amiche e amici, proseguiamo oggi con la Terza Parte della lunga intervista a Roberta Bongini e a Gaia Scuderi, lungo il cammino artistico che ha portato alla Danza Espressiva Araba®.

Abbiamo potuto constatare, nelle puntate precedenti, quanto spessore ci sia in questo discorso e come la danza araba diventi  parte di un discorso artistico globale e a tutto tondo. Oggi, quindi, andiamo avanti scandagliando e immergendoci sempre più in questo spessore, scoprendone  le tante valenze possibili.
C.: Roberta, un argomento che mi sta molto a cuore e che vorrei trattare con te, è la grande valenza artistica e simbolica della Danza orientale, spesso chiamata Danza del ventre e considerata un genere adatto soprattutto ai cabaret e all’espressione dell’erotismo, più o meno ostentato. Spesso questo genere di danza diventa spettacolo decontestualizzato, fine a se stesso, che assume ed esalta valori “un po’ lontani” da quelli, più profondi e legati alle tradizioni e alla simbologia, anche cosmologica, che danzatrici meno appariscenti portano avanti con grande onestà e fatica. Nel tuo percorso artistico la danza, anche quella orientale, non è stata certo relegata al ruolo di genere da cabaret. Cosa rappresenta e cosa è in grado di esprimere, quindi, la danza? parlaci anche del legame instaurato tra la danza e il teatro, in seguito alla collaborazione con Kassim Bayatly.

R.: Purtroppo per quanto riguarda le origini di questa danza si può andare solo per ipotesi perchè manca una documentazione. Viene fatta risalire alla dea madre o le vengono attribuite origini faraoniche. Niente di questo può essere considerato vero. Tracce di questa danza si trovano nel periodo degli Abbasidi, e lì si ritrova anche musica. Le danzatrici erano donne molto colte ma cortigiane. Nel primo spettacolo di Kassim, “Istmo barlumi d’Oriente”, il mio personaggio era una sacerdotessa sacra, ma i nostri erano spettacoli teatrali.

Teatro dell'Arcano Le danze dell'arcano img024Riporto un estratto dal nostro libro “La Danza del Ventre”, edizioni Gremese, in particolare dal capitolo “Contaminazioni e teatro”:

“Abbiamo descritto nei capitoli precedenti quella che per noi è la base della danza araba, ampliata dalla nostra ricerca intorno ai principi simili della danza nelle diverse culture. Ma il linguaggio della danza può essere ulteriormente approfondito, come noi abbiamo già fatto, se apriamo gli stessi principi alla percezione che le relazioni con lo spazio, il tempo, il partner, producono.
Relazionarsi porta ad esplorare le tensioni che si creano, ad esempio nel dialogare con un oggetto a cui è stato attribuito un valore. Queste tensioni influiscono sul movimento, in termini di forza e di percezione del tempo dello spazio e del peso ( tempo nel senso di rapidità o lentezza, spazio nel senso di ampiezza o ristrettezza, peso nel senso di pesantezza o leggerezza), sollecitando il corpo ad agire e reagire, prendendo decisioni e manifestando, così, l’intenzione. Questo processo porta a sviluppare l’attenzione e a vivere l’atto nella sua presenza immediata. Posso cercare di introdurre un esempio molto semplice per far comprendere meglio quanto è stato detto: al centro della scena c’è un velo abbandonato, devo avvicinarmi e prenderlo; quindi devo trovare il modo di percorrere lo spazio che mi divide dal velo e il modo di prenderlo. Ammettiamo che il velo abbia un valore immenso, in termini di ricordi, sarà, dunque, questo rapporto che detterà tutta una serie di
forze e di dettagli influenzando, ad esempio, un semplice passo incrociato, che potrà svilupparsi in modo lento o veloce, ampio o ristretto, pesante o leggero, o con momenti lenti ed altri veloci ecc, il modo di scendere da una posizione eretta dando vita a un cambio di postura, e il modo di prenderlo, che potrà essere o veloce o lento, con una presa forte o delicata. Attenzione, intenzione, decisione, tre vocaboli che sviluppano la danza sia a livello fisico che espressivo.
Abbiamo parlato di relazione con il velo, perché di utilizzo comune in questa danza, e sapendo anche, che il velo si lascia plasmare dall’immaginazione e dalle associazioni, lo potremo trasformare, così, in un bastone, in un uomo che abbraccio, in un bimbo che cullo, in una frusta, in una vela, in un abito per alterare la mia figura, ecc.. Ma partner sono anche tutti gli altri oggetti che partecipano alla realizzazione di una coreografia, e soprattutto gli altri danzatori con cui agire e reagire, e partner è anche l’assenza con la quale danzo, e che i miei movimenti, attraverso la loro dinamica e la mia totale partecipazione, svelano. E se gli stessi principi saranno utilizzati non solo da un punto di vista fisiologico, ma anche percettivo-sensazionale,potranno portare dalla percezione del movimento, in quanto relazione con lo spazio, il tempo, il partner, a configurare il senso del movimento come linguaggio, mettendoci in grado di affrontare il problema della contaminazione, e infine di poter cercare di convertire la coreografia in drammaturgia.inserto[1][2]8 (1)

Nello spettacolo “Le Danze dell’Arcano”, presentato nel 1996 dal Teatro dell’Arcano, siamo riusciti ad impiegare gli elementi e gli aspetti recuperati dalla danza del ventre, dalla musica araba e dalla ritualità della cultura arabo-islamica, costruendo pezzi e brani strutturati, non come semplice montaggio combinatorio, ma come una rappresentazione drammaturgia, dove tutto il materiale impiegato: danza, azioni e movimenti, oggetti scenici e costumi, erano qualificati, con precisione, come segni e sensi, in modo tale che ogni componente costituiva un elemento indispensabile per comunicare sensazioni fisiche, emozioni e pensieri, intrecciati nella struttura della rappresentazione sui vari livelli dell’energia del danzatore. Il teatro che danza, non una danza astratta ma che assorbe l’orizzontalità del movimento in una danza dell’energia e del pensiero che penetra in una dimensione verticale, dando possibilità all’uomo di percorrere un sentiero verso se stesso. E allora risulterà chiaro che il modo di affrontare la danza del ventre dipende da diversi fattori riguardanti la profondità e l’ampiezza della ricerca, nella base formativa, nella sua vitalità ed efficacia e nella modalità in cui viene attivato il processo compositivo dello spettacolo artistico.

L’incontro fra danza e teatro prevede per l’attore-danzatore la conoscenza delle due tecniche inerenti al corpo, e dove la danza si orientata verso una plasticità fisica e verso l’aspetto corpo-mente, il teatro si indirizza verso una sensibilità plastica che riguarda le figurazioni e verso l’aspetto corpo-psiche; la sensibilizzazione all’immagini e alle associazioni svilupperà il lavoro dell’improvvisazione abituando il corpo a trovare soluzioni. Come esistono esercizi per la danza, così nel teatro possiamo trovare altrettanti esercizi, ma con una finalità diversa.
Mi ricordo che durante gli anni di laboratorio, lavoravamo in un clima di assoluta fiducia e reciproca accettazione, che ci permetteva di manifestare con semplicità quello che eravamo; utilizzavamo spesso
l’improvvisazione, sempre basata su un tema, cercando la relazione profonda fra la nostra interiorità e l’altro, (inteso come partner), componendo azioni e reazioni.
L’improvvisazione è veramente un campo di battaglia, dove si combattono i nostri blocchi, le nostre paure, i nostri cliché, dove riaffiorano ricordi sbiaditi, e dove tutto può succedere se ci concediamo con tutta la nostra vitalità ed energia, e costituisce la materia prima, indispensabile, per la costruzione di uno spettacolo. Non tutto il materiale che l’improvvisazione ci fornisce sarà utilizzabile, a volte è sufficiente trovare un frammento perché si apra una porta e la nostra relazione con il tema proposto possa continuare fino ad arrivare a strutturare una partitura. I pezzi così composti, che contengono il pensiero fisico e il percorso di chi li ha creati, con l’energia, i sensi e i significati che l’attore o il danzatore vi ha impresso, passeranno, poi, nelle mani del regista, che
li utilizzerà, anche frazionandoli e cambiando il loro significato, per il montaggio nello spettacolo. C’è un compito che appartiene all’attore, che è la composizione della propria partitura, e un lavoro del regista che riguarda la composizione dello spettacolo, così come al danzatore spetta la sua composizione coreografica, mentre la conversione della coreografia in dramma appartiene al coreografo. Un modo di procedere che salvaguarda l’individualità e la creatività dell’attore-danzatore sviluppandone la sua artisticità.”

Tratto dal libro “La danza del ventre”, edizioni Gremese, scritto da Gaia Scuderi e Roberta Bongini

C.: Grazie Roberta e grazie Gaia. Penso proprio che grazie al vostro contributo si stiano aprendo degli orizzonti enormi! Un abbraccio e a presto con la quarta ed ultima parte del nostro percorso. Saluti a tutti!

Cinzia Merletti

About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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