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Ripetere le elezioni o abolire l’azione politica?

iraq bandiera
L’azione politica pilastro del cambiamento in Iraq

di Ibrahim Ahmad, Elaf (10/07/2018). Traduzione e sintesi di Mario Gaetano.

La maggior parte delle repliche all’articolo “Ripetere le elezioni in Iraq è inevitabile” hanno ruotato intorno all’utilità di tornare alle urne, quando ad organizzare le elezioni sono gli stessi politici che hanno portato l’Iraq alla rovina e alla distruzione. Come si fa a giustificare ciò che hanno fatto? La gente reclama la loro testa. Come si fa a biasimarla? I sadristi hanno fatto propri i sentimenti della piazza, e hanno dato vita a “quelli che rimangono”, il loro linguaggio oscilla tra quello rivoluzionario e del cambiamento e quello del potere e del controllo.

La gente è emigrata nelle province occidentali e settentrionali, dalle quali ha avanzato le sue richieste legittime. La risposta sono stati i carri armati e le armi, di cui si è impossessato “Daesh”, riuscendo nei suoi diabolici piani e devastando la Siria. Sebbene i terroristi siano stati sconfitti, milioni di persone vagano qua e là per il territorio iracheno, senza speranza. Tutto questo ha portato al fallimento della creazione di forze pacifiche.

Questa cattiva azione politica non si può considerare superata per diverse ragioni: innanzitutto dietro quest’ultima vi sono grandi forze materiali e morali.  Le prime sono rappresentate dagli americani ed europei che credono ancora di alimentare, conservare e rappresentare la democrazia, che secondo loro è il pilastro futuro del Medio Oriente.

C’è poi un pilastro morale pericoloso per la suddetta azione, che si basa sulle illusioni e sulle idee che i leader hanno inculcato nella mente di molti sciiti, persino negli intellettuali, ossia l’azione politica, che, per costoro, è un vero e proprio dogma, un sogno che si perde nella notte dei tempi, una missione divina; l’accantonamento di tale azione significherebbe, perciò, per essi, la fine e la morte.

Nonostante l’assurdità di una simile affermazione, essa rivela la realtà dei fatti, ossia che gran parte degli sciiti è ancora povera, quelli che si sono arricchiti sulle loro pelle, sono proprio quei politici di rilievo e uomini di religione che guadagnano sulla corruzione e sugli affari illeciti, e per rimanere al potere alimentano l’odio settario.

Oggi, gli iracheni vorrebbero che si realizzasse un profondo cambiamento politico attraverso l’edificio della democrazia, garantita da una costituzione scevra da tendenze religiose, settarie e razziste. Chi chiede il cambiamento tuttavia è etichettato come terrorista e condotto in carcere. Dov’è l’orizzonte per il cambiamento? Qual è la soluzione? Alcuni invocano il colpo di stato, sebbene questa sia una prospettiva che spaventa e fa orrore a chi sta al potere, chi lo compirebbe? èpossibile? E cosa hanno realizzato i colpi di stato precedenti per sperare che oggi ce ne sia un altro?

Coloro che oggi boicottano le elezioni, esigono una nuova campagna elettorale sotto la supervisione delle Nazioni Unite e della magistratura, la quale nonostante le dicerie e i dubbi che suscita, è meno pericolosa di un organo predisposto ad hoc per le elezioni, che diventerebbe strumento per i frodatori di fondi elettorali.

Il silenzio e il boicottaggio non smuovono, né hanno risonanza, anzi essi mettono la preda al sicuro nella tana del lupo.

Ibrahim Ahmad è un giornalista che scrive sul giornale Elaf

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