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Le richieste strategiche dei vertici arabi e del Golfo

Di Raghida Dergham. Al-Hayat (21/03/2014). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Alla vigilia del vertice arabo del 25 marzo in Kuwait, ha avuto luogo uno sviluppo senza precedenti: l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein hanno richiamato i loro ambasciatori dal Qatar, principalmente in segno di protesta contro il ruolo giocato da quest’ultimo in Egitto. Questo ha apportato differenze notevoli all’interno del gruppo del Golfo.

Al summit farà seguito la visita di Obama a Riyad, il 28 marzo: qui, il presidente americano incontrerà i leader del CCG e il re dell’Arabia Saudita. Il viaggio di Obama avviene dopo l’annessione della Crimea alla Russia e le sanzioni di Stati Uniti ed Europa contro Mosca che esacerbano il clima di confronto gettando ombre anche sui rapporti tra Washington e gli Stati arabi. Gli eventi in Ucraina devono essere presi in considerazione nella preparazione dei futuri summit giacché la loro eco si farà sentire in molti Paesi, in particolare in Iraq, Libano e Siria dove la cooperazione russo-iraniana è destinata ad intensificarsi.

Al Qatar sono imputate diverse colpe: non aver rispettato la promessa di non aprire le porte ai dissidenti del Golfo, non aver smesso di sostenere i Fratelli Musulmani e non avere messo fine alla propria campagna in Egitto dopo la fine dell’amministrazione della Fratellanza. Per questo il Kuwait proverà a persuadere Doha ad adottare un profilo basso.

Arabia Saudita, EAU e Bahrein devono discutere in modo approfondito col Qatar a proposito di Egitto ed Iran. L’Egitto ha assunto un’importanza cruciale: secondo Riyad, Doha non dovrebbe minare l’amministrazione del Cairo perché questo equivarrebbe a indebolire quell’Egitto liberale, neo-nasseriano e non allineato con la Fratellanza. Un Egitto liberale e moderato è al centro degli interessi del Golfo. Per questi motivi la politica saudita è severa col Qatar quando si parla di Egitto. I sauditi sono altrettanto determinati – insieme agli Emirati – nel voler sventare ogni tentativo di far risorgere i Fratelli Musulmani, siano essi sostenuti dal Qatar o dagli Stati Uniti, nel panorama arabo.

La questione iraniana potrebbe essere l’altra minaccia alla coesione del Golfo, non necessariamente attraverso il Qatar, ma tramite l’Oman che ha una relazione speciale con l’Iran, il quale è invece nel mezzo di una disputa con l’Arabia Saudita. Oltretutto, non bisogna dimenticare che occorre affrontare la questione siriana e la spaccatura tra Iraq e mondo arabo in modo realistico.

Eppure, il rischio che questi summit siano confusi e vaghi rende necessarie nuove e diverse strategie arabe. Ciò che conta, però, è che nessuno dovrebbe pensare che una “vittoria” in Siria ne comporti una “afghanizzazione”. Questo Paese ha pagato sufficientemente il prezzo di politiche inadeguate. È tempo di risolutezza: accettare il fatto compiuto, non importa quanto sia opinabile Assad o lavorare sodo per giungere a un accordo con l’Iran.

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