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Riaccendete le luci di Gaza

Striscia di Gaza
Incoraggiando Israele a tagliare la corrente a Gaza, le Autorità Palestinesi sfruttano senza vergogna i diritti fondamentali dei Palestinesi come merce di scambio nel conflitto con Hamas

Di Sari Bashi. Middle East Eye (23/06/2017), Traduzione e sintesi di Flaminia Munafò.

In risposta alla richiesta dell’Autorità Palestinese, gli ufficiali israeliani hanno annunciato l’11 giugno  una riduzione dell’elettricità del 40% ai cittadini della Striscia di Gaza. Già avevano iniziato con un 7% il 19 giugno: bisogna immediatamente cambiare rotta.

È già buio a Gaza: le interruzioni di corrente durano almeno 18 ore al giorno. I rifornimenti di acqua sono sporadici, visto che l’energia serve per il pompaggio di acqua ai grattacieli urbani. Gli impianti di trattamento dei rifiuti sono stati trasformati per scaricare liquame crudo nel mare dove i bambini nuotano e la gente pesca. Gli ospedali hanno generatori ma sono malfunzionanti, e in questi casi il personale pediatrico pompa ossigeno manualmente nei polmoni di bambini malati pregando che la corrente ritorni. Cure mediche non urgenti vengono posticipate. Le fabbriche riducono la produzione e il costo elevato dei combustibili per il generatore rende scarsi i profitti. Le famiglie lottano per lavare i vestiti, conservare il cibo e convincere i figli a fare i compiti alla luce di una candela, senza parlare dell’accesso ad internet.

Da quando Israele ha bombardato il primo impianto a Gaza nel 2006, i cittadini hanno subito interruzioni di corrente continue: negli anni successivi, viste le crescenti tensioni tra Israele e il movimento di Hamas, che ha assunto il controllo interno di Gaza nel 2007, Israele ha bombardato di nuovo la centrale elettrica. Inoltre, Israele ha imposto severe restrizioni al movimento di persone e merci dentro e fuori Gaza, ben oltre quanto necessario per la sicurezza, paralizzando l’economia. Mentre la popolazione di Gaza si aggira intorno ai 1,9 milioni di persone, la maggioranza delle quali sono bambini, le azioni israeliane hanno ripristinato l’infrastruttura energetica.

Il più recente degrado dell’alimentazione elettrica deriva da una controversia sul finanziamento tra l’Autorità Palestinese e l’acerrimo nemico Hamas: sebbene infatti l’AP pretenda di essere responsabile di tutti i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania, hanno smesso di pagare. Israele ha quindi fermato la vendita di carburante per la centrale elettrica di Gaza, rendendo i cittadini del tutto dipendenti dall’elettricità che gli vende che passa per i cavi elettrici. Nelle precedenti dispute di questo genere, donatori internazionali come l’Unione Europea e il Qatar si sono impegnati a pagare il conto per il gasolio della centrale elettrica, ma l’UE ha convenuto di convertire i suoi pagamenti per il carburante al sostegno diretto per le AP, e il Qatar, sotto la pressione dei suoi vicini per tagliare i finanziamenti a Gaza, ha smesso di pagare il conto mesi fa.

L’occupazione di Gaza e della Cisgiordania, riconosciuta come un’unica unità territoriale, dura ormai da 50 anni: la natura e la portata del suo controllo variano in diverse parti del territorio, ma in ognuna di esse Israele ha obblighi ai sensi della legge di occupazione e del diritto internazionale dei diritti umani per facilitare la normale vita civile; poiché Israele continua ad esercitare un controllo significativo sulla vita a Gaza, inclusa la sua capacità di sviluppare il proprio settore energetico, dovrebbe fornire la quantità di energia che possa soddisfare i bisogni fondamentali dei palestinesi a Gaza, presupposto per l’accesso all’acqua, ai servizi sanitari e un’economia funzionante.

Fino a questo mese Israele ha rifiutato le “richieste” dell’AP di tagliare la corrente a Gaza e continua a fornire elettricità, detraendo il costo dalle imposte doganali e dalle imposte sul valore aggiunto che raccoglie dai palestinesi: sia che continui a farlo o meno, il diritto internazionale – ma soprattutto il minimo ritegno – impone a Israele di non tagliare ulteriormente l’approvvigionamento di energia elettrica a Gaza a scapito delle necessità umanitarie e di sviluppo.

Sari Bashi è Responsabile alla Difesa Israele/Palestina per Human Rights Watch.

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