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Rapporto UE su Mediterraneo arabo: un bilancio dei progressi nel vicinato

UE mediterraneo arabo

Sintesi di Roberta Papaleo.

La scorsa settimana, la Commissione europea ha rilasciato il suo rapporto annuale riguardo all’implementazione della Politica Europea di Vicinato (PEV) nella regione mediterranea. Il cosiddetto “pacchetto annuale PEV” è stato presentato dall’Alto Rappresentante UE per gli Affari Esteri, Catherine Ashton, e dal Commissario UE per l’Allargamento e la Politica di Vicinato, Štefan Füle, i quali hanno colto l’occasione per sottolineare che il successo della PEV dipende dall’abilità e dall’impegno dei governi partner nell’implementare le necessarie riforme.

Il rapporto mostra come le sfide affrontate dai Paesi del vicinato meridionale si stanno facendo sempre più diverse.

In Tunisia, l’adozione di una nuova Costituzione viene considerato un fondamentale passo verso il consolidamento della democrazia. Nel rapporto vengono inoltre elogiati i progressi fatti dal governo tunisino, ad esempio nell’ambito della politica fiscale, benché il ritmo delle riforme rimanga moderato. Analogo entusiasmo viene espresso nei confronti del governo marocchino: il rapporto, infatti, saluta la natura dinamica delle relazioni con l’UE nel corso di tutto il 2013. Il Marocco, sottolinea il rapporto, ha proceduto, anche se lentamente, a una serie di riforme chiave, come quella della politica d’immigrazione.

Per ciò che concerne Libano e Giordania, il livello d’impegno preso dai due governi nell’ambito delle relazioni con l’UE resta alquanto soddisfacente, sebbene nel rapporto venga notato che sono ancora molti i settori chiave su cui lavorare, come ad esempio la lotta alla corruzione e la promozione dei diritti umani, specialmente in Libano. Inoltre, il rapporto sottolinea come la crisi siriana stia compromettendo l’abilità dei due Paesi di implementare riforme strutturali, aggravati dal peso del vicino conflitto a livello politico, economico e sociale.

Bilancio alquanto negativo, invece, viene espresso per Egitto, Libia e Algeria. Il caso più critico è sicuramente rappresentato dall’Egitto, Paese che nel 2013 ha dovuto affrontare dure sfide in termini di stabilità politica e di sicurezza interna che gli hanno impedito di mantenere i suoi impegni con l’UE. Il rapporto, infatti, evidenzia che le raccomandazioni passate sono ancora valide, tra le quali spicca l’approvazione della nuova Costituzione nel rispetto dei diritti umani e dei principi fondamentali. La stessa instabilità viene riscontrata anche in Libia, dove la questione della riconciliazione nazionale costituisce ancora la sfida maggiore a tre anni dalla caduta del regime. In merito a questo Paese, il rapporto esprime la volontà dell’UE di continuare i negoziati con il governo libico e a sostenere la transizione, specialmente in settori quali pubblica amministrazione, istruzione, sicurezza e immigrazione.

Tuttavia, lo scenario peggiore viene delineato per l’Algeria, Paese che non gode ancora di un tipo di cooperazione con l’UE alla pari dei suoi vicini mediterranei. Il governo algerino, infatti, è ancora in fase di negoziazione di un cosiddetto “piano di azione”, un vero e proprio contratto di cooperazione concordato tra le due parti nel quale vengono identificati i settori nei quali è più urgente intervenire con riforme adeguate.

Con riferimento invece alla situazione palestinese, il rapporto identifica due principali ostacoli allo sviluppo economico di Cisgiordania e Striscia di Gaza: uno di carattere esterno, quale l’occupazione israeliana, e uno di carattere interno, quale la mancata riconciliazione intra-palestinese.

Infine, per quanto riguarda la Siria, il rapporto ricorda la decisione dell’UE circa la sospensione delle relazioni bilaterali con il regime di Damasco e l’inesistenza di un qualsiasi piano di azione valido. Tuttavia, l’UE continua a sostenere e promuovere diversi progetti nell’ambito della società civile siriana, oltre a fornire costante assistenza umanitaria.

Fonte: Commissione europea