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Rapporti Arabia Saudita-Iran: quali sviluppi nel 2016?

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Di Nasr al-Majali. Elaph (28/11/2015). Traduzione e sintesi di Paola Conti.

Fonti diplomatiche e di informazione ritengono che la decisione dell’Arabia Saudita di nominare l’ex ambasciatore in Russia, Ali bin Hassan Jaafar, come ambasciatore in Iran, dimostri il desiderio di Riyad di intraprendere una nuova fase nelle relazioni con Teheran. Le fonti stabiliscono che siano in atto movimenti internazionali per risolvere la crisi in Siria e per far incontrare, a gennaio, il governo siriano con i gruppi dell’opposizione, porre in atto una fase transitoria che attraverso un programma di risoluzione pacifica e politica conduca ad elezioni parlamentari e presidenziali e ad una nuova Costituzione.

Queste azioni potrebbero favorire il reciproco avvicinamento tra Teheran e Riyad, poiché entrambe sono parte dei negoziati di Vienna sulla crisi siriana, durante i quali a Riyad è stato affidato il compito di ospitare le riunioni delle forze di opposizione siriana affinché quest’ultime tentino di unificare le loro posizioni prima dei negoziati di gennaio. Teheran non ha sollevato obiezioni riguardo a tale importante incarico assegnato all’Arabia Saudita.

The Economist ha parlato della possibilità di un riavvicinamento tra i due paesi, aggiungendo che dal rovesciamento dello Shah iraniano nel 1979, le relazioni tra il regno saudita, che si considera la guida dei musulmani sunniti, e l’Iran, che invece si ritiene guida degli sciiti, hanno attraversato fasi sia di attrazione che di tensione e minaccia. Il report del settimanale inglese rileva che il 2015 è stato un anno difficile per i due Paesi: Riyad ha esercitato invano pressioni per impedire un accordo tra USA e Iran riguardo le armi nucleari, quando la situazione militare in Yemen si è fatta più accesa ha organizzato un’alleanza araba per ripristinare la legalità nel Paese. Successivamente l’episodio della morte di centinaia di pellegrini, molti dei quali iraniani, durante il pellegrinaggio alla Mecca, ha inferto un duro colpo alle relazioni tra Arabia Saudita ed Iran.

Secondo la rivista britannica perché tale riavvicinamento possa realizzarsi sono necessari cinque punti. Il primo è che l’Iran accetti che lo Yemen resta saldamente nell’orizzonte saudita. Il secondo è che l’Arabia Saudita riconosca che gli USA, la Russia e i principali Paesi europei desiderano investire e avere scambi economici e commerciali con l’Iran. Terzo punto, secondo The Economist, è che spetta all’Iran astenersi dal fomentare problemi e intensificare proteste tra la popolazione sciita nei Paesi del Golfo. Inoltre, ed è il quarto punto, l’Iran deve mantenere le promesse e gli impegni presi durante i colloqui di Vienna, che hanno definito l’accordo sul nucleare con le maggiori potenze.

In ultimo l’Arabia Saudita e l’Iran hanno bisogno di trovare un modo per allentare la tensione riguardo la Siria. L’Iran, insieme alla Russia, sono considerati i più forti sostenitori del regime di Assad, mentre l’Arabia Saudita ed altri Paesi del Golfo sostengono i gruppi che lo combattono, ivi inclusi quelli jihadisti.

I sauditi vedono nell’asse Russia-Iran-Assad un grande sostegno per lo Sciismo, ma nonostante ciò c’è qualche speranza, come afferma The Economist, poiché molti analisti ritengono che la Russia, che si schiera contro i sunniti in Siria, nel 2016 forse si troverà ad esplorare diverse opzioni per una risoluzione pacifica della crisi siriana, cosi come cercherà di coinvolgere il suo alleato Assad in qualsiasi processo politico al momento opportuno.

In conclusione anche se Assad rimanesse e la guerra continuasse, certamente l’Arabia Saudita non potrebbe accettare Assad, o il sostegno dell’Iran per il presidente siriano, ma trattare con Daesh (ISIS) continua ad essere fonte di preoccupazione, sia per l’Iran che per il regno saudita e questo potrebbe rendere le onde del Golfo che separa i due Paesi un po’ meno agitate.

Nasr al-Majali e un giornalista e analista politico.

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Roberta Papaleo

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