Politica

Ramadan: il mese delle contraddizioni

marocco ramadan

Di Othmane Benyahia. Al Huffington Post Maghreb (12/06/2016). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Ed ecco di nuovo il Ramadan, mese di felicità e di spiritualità, in cui le famiglie marocchine si ritrovano insieme quasi tutti i giorni. Il Ramadan è il mese delle azioni caritatevoli in cui si tenta, al di là del nostro piccolo, di ritrovare il senso di comunità. È anche il mese in cui freniamo il ritmo infernale che la modernità di impone. Ma innanzitutto il Ramadan è un voto pio, una promessa, una speranza.

Tuttavia, dietro questo decoro si nasconde molta ipocrisia, come ogni anno. Il Ramadan, infatti, mette in luce le nostre contraddizioni più che la nostra pietà. Per cominciare, i prezzi dei generi alimentari vanno alle stelle, cosa che però non sembra scoraggiare i marocchini dal consumarli, dato che, paradossalmente, durante il Ramadan si mangia (e si spreca) davvero troppo. I marocchini consacrano un terzo delle loro entrate in prodotto alimentari durante questo “mese della privazione”. Inoltre, questo è il periodo dell’anno in cui atti incivili, violenze fisiche, incidenti stradali con le loro battaglie di insulti aumentano in maniera esponenziale col passare dei giorni.

Ramadan è anche il mese in cui i credenti precari aspettano la chiamata alla preghiera del tramonto per impinzarsi davanti a programmi televisivi sempre più mediocri. Tra loro, molti hanno svuotato i portafogli per acquistare bottiglie d’alcol da accumulare durante il mese di privazione. E questa ipocrisia non è solo individuale, ma anche collettiva, confermata dallo Stato che obbliga i venditori di alcolici a chiudere durante il Ramadan. Agli occhi dello Stato, siamo ancora dei minorenni che vanno protetti da loro stessi, cosa che però non aiuta a sviluppare quell’autocontrollo necessario alla vita di comunità.

Ogni anno, decina di marocchini si fanno arrestare e condannare perché hanno osato mangiare in pubblico o solo perché non lo hanno fatto con discrezione. Di solito sono persone che provengono dalle classi popolari a pagare il prezzo di questa grave minaccia alle libertà individuali, non avendo a disposizione degli spazi privati dove possano mangiare in pace.

Almeno, questi capri espiatori ci permettono di porci una domanda: uno Stato moderno dovrebbe imporre il digiuno? E in quel caso, su una scala di pietà, quanto vale veramente il Ramadan se viene imposto?

Othmane Benyahia è uno studente di Scienze Politiche all’Università Internazionale di Rabat.

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