Arabia Saudita Zoom

Raif Badawi è Charlie, ma lui per davvero

Raif Badawi

Di Éric Azan. Al Huffington Post Maghreb (13/01/2015). Traduzione e sintesi di Chiara Cartia.

Il re saudita Abdullah bin Abdulaziz non è, non è mai stato e non sarà mai Charlie.

Ha attivamente promosso il dialogo interreligioso cercando le voci moderate del Medio Oriente e aprendo un canale diplomatico verso le nazioni non arabe. È stato il primo re saudita ad incontrare un papa, Benedetto XVI, il 6 novembre 2007 per parlare del dialogo interreligioso e in particolare della libertà religiosa accordata ai crisitiani presenti in Arabia Saudita (anche se la libertà religiosa saudita sembra più che altro un gigantesco ossimoro).

Alla manifestazione di domenica 11 gennaio l’Arabia Saudita era rappresentata da un subalterno, Nizar al Madani, numero due della diplomazia a Riyad. In effetti, dato che la maggior parte della popolazione è wahhabita, ossia fedele di un islam ultra rigorista che non può tollerare che si insulti il Profeta, era difficile per i dirigenti farsi vedere alla manifestazione.

Quindi l’Arabia Saudita dà il proprio sostegno alla Francia nella lotta al terrorismo ma certamente non per la difesa della libertà di espressione.

Chiedete al blogger Raif Badawi cosa ne pensa: probabilmente non potrete mai chiederglielo perché non ha il diritto di dire cosa ne pensa.

Arrestato nel 2012 con accusa di incoraggiato la libertà di religione, Badawi è stato condannato nel maggio 2014 a 10 anni di prigione e a ricevere 50 frustate per venti venerdì di seguito, dopo la preghiera, per un totale di 1000 frustate.

Il suo crimine? Aver “insultato” l’Islam creando nel 2008 un forum online, Free Saudi Liberals con lo scopo di aprire un dibattito pubblico.

Il giovane saudita è musulmano, non ha cambiato né rinnegato la propria religione. Cercava solo di cambiare le mentalità invitando gli utenti di internet a confrontarsi su diverse questioni sociali.

Tuttavia per i fondamentalisti appoggiare l’uguaglianza tra credenze e incoraggiare una “liberalizzazione religiosa” equivale ad un’eresia. Badawi ha rischiato di essere condannato a morte per apostasia.

La moglie, andata a vivere in Libano con i loro tre bambini, confida che non avrebbe mai pensato che potesse succedere una cosa simile.

Le prime frustate Badawi le ha ricevute a Gedda il 9 gennaio. Dopo la preghiera è stato fatto uscire da una macchina, incatenato, e trasportato in una piazza pubblica, davanti alla Moschea, dove è stato frustato per circa 15 minuti, circondato da passanti e da forze di sicurezza.

Amnesty International considera Badawi come un prigioniero di coscienza e chiede che le frustate cessino. Un rappresentante dell’organizzazione dice esser preoccupato per la sua vita data la violenza che deve subire.

Nelle manifestazioni per Charlie in Canada e in Europa in molti hanno manifestato il loro sostegno per Badawi.

Tuttavia, quando sarà morto non dubito che ci sarà un’indignazione generale. Per il momento è ancora vivo e il 13 gennaio 2015 ha compiuto gli anni, 31 per l’esattezza.

Éric Azan è giornalista per il sito Fait-religieux.com

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