Articolo di Roberta Papaleo.
La riconciliazione palestinese aveva già messo sull’attenti la comunità internazionale, ma l’ultimo conflitto che ha colpito la Striscia di Gaza la scorsa estate ha di certo avuto una ripercussione molto più profonda rispetto al passato, specialmente in Europa.
Un primo indizio di questo maggiore impatto è stata la decisione del nuovo governo svedese di farsi avanti come primo Paese europeo, e primo membro dell’UE, a proclamare ufficialmente il proprio riconoscimento dello Stato di Palestina.
Oltre a scatenare l’ovvia e immediata reazione di Israele – che inevitabilmente dispiega come sua unica arma le sue “sanzioni diplomatiche” ritirando i suoi ambasciatori o minacciando di farlo – la decisione di Stoccolma ha provocato un effetto domino attraverso l’Unione Europea.
Uno dopo l’altro, i parlamenti di Regno Unito, Irlanda, Spagna e ora Francia si sono attivati per discutere e votare una mozione in favore del riconoscimento dello Stato palestinese. Tali mozioni, tuttavia, hanno solo valore simbolico e non sono vincolanti: i governi dei rispettivi Paesi non sono obbligati a rendere ufficiale il riconoscimento, diversamente da quanto invece fatto dalla Svezia, che ha optato per una decisione ufficiale, unilaterale e che prescinde la presenza o meno dei negoziati di pace.
La natura meramente simbolica delle decisioni degli altri Stati europei è di certo dominante, ma non per questo il loro peso politico è trascurabile. Va comunque ricordato che Francia e Regno Unito sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Inoltre, i singoli passi di questi per ora pochi Paesi europei sono stati sostenuti e accompagnati da un evento diplomatico comunitario di notevole portata: la visita di Federica Mogherini, nuova “Lady PESC”, in Palestina e Israele come primo viaggio ufficiale dall’inizio del mandato. Non è stata tanto la scelta della destinazione, già di suo molto significativa, ma piuttosto ciò che la Mogherini ha sostenuto durante il suo viaggio in quanto rappresentante della politica estera dell’UE.
Infatti, al di là delle mozioni proposte o meno dai singoli parlamenti europei, la posizione presa dalla Mogherini in merito alla creazione di uno Stato palestinese è stata presentata come una volontà comune a tutti i membri dell’Unione. Ovviamente, la Mogherini appoggia la soluzione a due Stati con Gerusalemme capitale, ampiamente appoggiata anche dal resto dei Paesi europei. Tuttavia, l’elemento fondamentale della sua posizione e delle sue dichiarazioni è l’imprescindibilità dell’esistenza di uno Stato palestinese.
Dopo questa serie di eventi, la “febbre” del dibattito sul riconoscimento della Palestina come Stato non poteva che raggiungere anche il parlamento di Bruxelles, che nell’ultima sessione plenaria ha discusso sull’argomento, ma rimandando qualsiasi decisione alla metà di dicembre. Inizialmente, gli europarlamentari avrebbero dovuto votare il 27 novembre su una bozza di risoluzione proposta dai socialisti democratici per cui “tutti gli Stati membri UE riconoscono lo Stato di Palestina entro i confini del 1967 con Gerusalemme come capitale”, ma ha incontrato l’opposizione dei popolari, che invece ribadiscono la necessità dei negoziati.
Anche in quest’occasione, la Mogherini non ha speso troppe parole per confermare la sua posizione e ribadire la responsabilità dell’Europa nello svolgere un ruolo attivo nel dibattito sul conflitto arabo-israeliano, un dibattito “pericoloso” secondo l’Alto Rappresentante, perché ha “troppa storia e poco futuro”.
Verrebbe da chiedersi: “E l’Italia?” Di certo ci sono ragioni politiche e strategiche, intuibili o meno, che frenano un simile slancio da parte di Montecitorio, ma anche quello di altri Stati europei con un certo peso a livello comunitario, come la Germania. Per ora a Roma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni sostiene che la questione “è sul tavolo”, ma che è necessario aspettare il momento in cui parlarne servirà “di più a sbloccare il negoziato”, accodandosi ai popolari europei.
Tuttavia, la stessa Mogherini, in conclusione della plenaria del Parlamento Europeo dello scorso 26 novembre, ha chiaramente sostenuto che l’obiettivo dell’Unione Europea non è quello di ripristinare i negoziati: è quello di ottenere la proclamazione di uno Stato palestinese.
Per ora l’Europa pare si stia muovendo: resta da vedere dove riuscirà ad arrivare.
Add Comment