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Turchia e Arabia Saudia: quel che è giusto è giusto

Turchia Erdogan Arabia Saudita re Salman
Turchia Erdogan Arabia Saudita re Salman

Di Bouthaina Shaaban. Al-Vefagh Online (07/06/2016). Traduzione e sintesi di Laura Cassata.

Due eventi della scorsa settimana possono essere considerati, in una certa misura, sorprendenti, oltre ad essere degli indicatori di possibili eventi futuri a livello regionale e internazionale.

Il primo di essi è il riconoscimento del parlamento tedesco del massacro ottomano perpetrato contro gli Armeni e i Siriaci nel 1915. Il secondo, invece, è l’inserimento dell’alleanza saudita nella lista nera delle Nazioni Unite, le quali accusano il regno di aver condotto una ingiustificata e sanguinosa guerra in Yemen.

La decisione del parlamento tedesco arriva in un momento in cui l’Europa è nettamente divisa sul corso degli eventi in Medio Oriente: da un lato, Gran Bretagna, Francia e Olanda, paesi coinvolti nello spargimento di sangue arabo sotto la bandiera della primavera araba, dall’altro lato, i restanti membri dell’Unione Europea. Dopo i colloqui tra la Germania e la Turchia, si è capito che la posizione di Erdogan poteva essere pericolosa e che sfruttava la crisi dei migranti per ricattare l’Europa. L’inasprimento dei rapporti tra Erdogan e la Merkel avrà un forte impatto sulle decisioni europee in merito alle guerre per procura che l’Occidente conduce contro gli arabi. Inoltre, è importante anche la tempistica di tale riconoscimento: la Germania è stata a lungo vicina a Erdogan, a scapito della verità, della storia e del parere degli alleati, ma adesso ne ha abbastanza della follia dell’unico sovrano di Ankara. Insomma, meglio tardi che mai.

Anche la tempistica del secondo evento è abbastanza sorprendente. Nonostante la notizia possa essere accolta favorevolmente, ci chiediamo perché le Nazioni Unite abbiano aspettato che venissero uccisi, secondo un rapporto ufficiale, più di 600 bambini. Inoltre, l’Arabia Saudita avrebbe bombardato i siti archeologici yemeniti, distruggendo le origini della civiltà araba, così come ha distrutto le infrastrutture, gli ospedali, le strade e le reti idriche di un popolo che già soffriva per la povertà di risorse. Era davvero necessario attendere così tanto tempo per scoprire che il 60% delle vittime in Yemen fossero dei bambini? Gli Stati Uniti non avevano già visto il terrorismo saudita uccidere centinaia di migliaia di civili arabi in Iraq, Siria, Libia, Libano e persino in Europa e negli Stati Uniti stessi? Anche se queste decisioni sono importanti per il popolo yemenita, è evidente che si tratta solo di decisioni politiche.

Nonostante il dolore, i massacri, le uccisioni e il terrore causati da Erdogan e dalla famiglia Al-Saud, si avvicina il momento in cui i loro crimini verranno riconosciuti a livello internazionale.

In una realtà sempre più frammentata e complessa è importante cogliere quegli indicatori che confermano, ancora una volta, che è giusto quel che è giusto.

Bouthaina Shaaban è una politica siriana.

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