Egitto Zoom

Quel che succede a Venezia, non rimane a Venezia

di Alexandra Stock. Mada Masr (15/05/2015). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.

La Biennale di Venezia presenta un nuovo ordine mondiale, almeno geograficamente parlando. Essa è il luogo dove la Cina confina con l’Italia, l’Armenia si estende su un’isola e le Filippine, le Seychelles e la Mongolia condividono un puntino sulla mappa.

Quello che era iniziato nel 1895 come un piano pionieristico del Comune di Venezia per promuovere il turismo, è diventato uno dei più significativi eventi d’arte del mondo. Quest’anno è la 56ª edizione della mostra che ha continuato ad ampliarsi sia in termini di posizione che di partecipazione.

Il padiglione egiziano è stato costruito nel 1932 dall’architetto italiano Brenno Del Giudice come parte di “il Padiglione Venezia,” e il suo spazio è stato ampliato sei anni dopo. Le lettere “RAE” scavate nella facciata dell’ingresso, si riferiscono alla Repubblica Araba d’Egitto.

Quest’anno ci sono 89 partecipazioni nazionali, in ordine alfabetico dall’Albania allo Zimbabwe, e 44 eventi ufficiali collaterali.

All’interno di questa struttura, c’è una notevole quantità di pressione su ogni padiglione nazionale ed evento collaterale affinché questo lasci il segno. Alcuni padiglioni scelgono di commissionare un nuovo progetto ad una stella nascente, o onorare il lavoro di un artista affermato.

Ci sono gesti di amicizia (Germania e Francia si sono scambiate il padiglione nel 2013) e antagonismo (artisti ucraini hanno occupato il padiglione russo di quest’anno), e altri la cui profondità emotiva corre in modo complesso (come il vincitore del premio di quest’anno, l’Armenia). Detto questo, io non sono sicuro di quello a cui quest’anno il padiglione dell’Egitto puntava.

La mostra, “Puoi vedere?”, è attribuita agli artisti Ahmed Abdel Fatah, Maher Dawoud e Gamal Elkheshen. L’interno è un cubo bianco illuminato che ospita, fondamentalmente, un display con uno screensaver interattivo con cui i visitatori possono intrattenersi in un elementare gioco il cui obiettivo è formare la parola “Pace”.

È così spaventosamente assoluta e semplicistica che tutto ad un tratto la struttura in pannelli non sembra più innocente o giocosa, ma appare come un percorso ad ostacoli collegato ad entrambe le estremità, lasciando lo spazio appena sufficiente per farti credere di potere andare da qualche parte, ma alla fine i tentativi di fuga si rivelano inutili.

Il progetto si chiama “Puoi Vedere?”. Beh, sì, forse lo sto facendo. È questo progetto un cavallo di Troia, che nasconde mettendo in piena vista, usando un linguaggio visivo infantile per mascherare una critica aspra del governo che ha scelto questo progetto per rappresentare l’Egitto?

Non è che l’Egitto non ha artisti di fama mondiale, sia in patria che all’estero. Ma a meno che la politica non decida di portare avanti un lavoro di qualità prodotto, il padiglione egiziano difficilmente potrà giustificare la sua posizione di primo piano nei Giardini.

Guardando avanti al 2017, il Ministero della Cultura dovrebbe riconsiderare ciò che vuole che rappresenti la propria nazione in un evento che è il primo del suo genere e che è ampiamente considerato uno dei più importanti nel suo settore.

Alexandra Stock è una curatrice, artista e scrittrice 

Mada Masr è un’organizzazione di media nata due anni fa. Produce contenuti di approfondimento sull’Egitto, sia in arabo che in inglese. Il suo obiettivo è creare un modello di media indipendente e sostenibile, esaminando e mettendo continuamente in discussione il sistema nel quale si muove.

Vai all’originale 

I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu