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Quali “malattie politiche” ha svelato il Coronavirus?

Lo scoppio dell’epidemia globale apre un nuovo capitolo contro la Cina accentuando la polarizzazione del blocco occidentale e svela nuove battaglie geo-politiche.

di Redazione al-Quds, (23/02/2020). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi.

Con la diffusione del nuovo Coronavirus, i media di tutto il mondo hanno iniziato a far circolare la storia del medico cinese Li Wenliang, che lavorava all’ospedale di Wuhan e che per primo diede l’allarme sul coronavirus, con un messaggio indirizzato a un ristretto gruppo di colleghi medici. Il 1 gennaio, la polizia cinese convocò il medico che fu interrogato e costretto a rilasciare una confessione nella quale dichiarava che non avrebbe ripreso le attività illegali che “disturbano gravemente l’ordine sociale” del paese.

Mentre veniva alla luce l’orrenda portata della minaccia epidemica, i cinesi si indignavano per il modo in cui le loro autorità reprimevano qualsiasi notizia che non fosse appropriata per loro, anche quando queste possono avere conseguenze catastrofiche per l’intero paese. La rabbia è aumentata proprio quando il medico è stato trasferito in ospedale a causa dell’infezione al virus.

Da quel momento, milioni di cinesi hanno pregato per la sua sopravvivenza ma il medico è morto il 7 febbraio scorso. Il suo hashtag è stato condiviso su Twitter da 670 milioni di persone che chiedevano libertà di espressione e proclamavano il medico deceduto un eroe popolare. Un’accademia occidentale ha descritto il fatto come il conflitto tra un semplice cittadino e il leader di un paese – con poteri illimitati – che sapeva della diffusione del virus già due settimane prima del suo annuncio ufficiale.

Sull’eroe popolare, le autorità cinesi hanno ricostruito e diffuso un’altra versione propagandistica in cui sostenevano che la prima persona a segnalare il virus alle autorità, sia stato un medico, membro del partito comunista cinese, che hanno onorato per la sua attenzione e positiva gestione del caso. Il medico deceduto è stato invece criminalizzato per aver diffuso la notizia solo tra i suoi colleghi, senza redigere un rapporto alle autorità, a cui voleva tenerlo nascosto!

La diffusione dell’epidemia in Cina, una superpotenza economica, si è trasformata presto in una questione internazionale rivelando molte “malattie politiche” nel mondo. La comparsa di una malattia in un piccolo paese non ha un forte impatto nel mondo, come è stato invece per l’influenza suina, scoppiata nel continente americano nel 2009. Quest’ultima ha registrato 1,6 milioni di contagi in tutto il mondo e causato la morte di 284.500 persone, in 214 paesi. Una mortalità pari al 17,4% dei contagiati.

Ciò che si osserva oggi, è come la diffusione del coronavirus si stia trasformando in una battaglia geo-politica tra chi sta dalla parte della Cina e chi contro. A questa battaglia se ne stanno aggiungendo altre, a seconda della natura politica di un paese e dei suoi allineamenti interni. In Iran il virus ha fatto 8 morti e il leader supremo della Repubblica Islamica, Ali Khamenei, ha associato la debole affluenza alle elezioni parlamentari con la strumentalizzazione proveniente dall’esterno, sulla diffusione del virus nel suo paese.

L’Italia, che finora ha annunciato 132 contagi (dato aggiornato alla data dell’articolo, ndr), ha cancellato molti eventi tra cui il famoso Carnevale di Venezia. Il leader dell’estrema destra, Matteo Salvini, ha utilizzato la questione per rivolgere la sua propaganda politica contro gli stranieri. Nelle Filippine, il presidente Rodigo Duterte, attualmente impegnato contro gli Stati Uniti, ha approfittato dell’evento per mostrare la sua solidarietà alla Cina e non ha chiuso i suoi confini con essa. Decisione considerata contraria all’interesse del suo paese perché pericolosa per la salute dei suoi cittadini. Il gesto ha indispettito anche i paesi limitrofi terrorizzati dal rischio di diffusione dell’epidemia.

L’aspetto principale che emerge da questi avvenimenti riporta alle teorie della “cospirazione esterna”. Il presidente cinese ha ottenuto importanti risultati in questo senso (forse perché non può accusare attori esterni) dando all’epidemia una connotazione religiosa, descrivendola cioè come un “virus demoniaco”; proprio lui che è a capo di un paese fortemente legato al suo secolarismo. Altro approccio è stato quello di cercare di delimitare l’infezione all’interno della stessa Cina, chiudendone i confini e bloccandone il traffico aereo e marittimo.

Questo metodo si è allargato ad includere altri paesi come Corea del Sud e Iran ma ha anche preso forma in paesi in cui è diffusa una sorta di “epidemia razzista” o meglio forme di ostilità verso i cinesi e loro simili. Probabilmente è stata questa la causa degli attacchi razzisti avvenuti in Germania, attacchi accompagnati da proclami contro una lunga lista di popoli che dovrebbero essere annientati, tra cui arabi musulmani e popoli asiatici, compresi i cinesi!

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