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Quale riforma per l’Iraq?

iraq bandiera
Da città splendore e capitale del mondo a città occupata: quale sarà il destino della Baghdad di oggi?

Di Omar el-Khatib. Elaph (19/02/2017). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito alle proteste del movimento sadrista a Baghdad per promuovere la “riforma” e la modifica dell’organo elettorale, definito dagli iracheni Shala’ qala’ (ovvero “estrazione con forza di una radice malevole”), espressione che si riferisce a qualsiasi organismo elettorale che necessita di un cambiamento.

L’Iraq riveste un’importanza peculiare nella comunità araba; ricordiamo l’antica Baghdad, capitale del mondo, la New York del tempo di Haroun al-Rasheed o del periodo abbaside. Quell’antico splendore è stato sostituito dal buio, dall’odio e dall’intolleranza. Ed oggi il mondo arabo ha perduto la sua leader, quella Baghdad ora occupata dall’Iran e dalle sue milizie.

Quando Haider al-Abadi è succeduto a Nouri al-Maliki come primo ministro, ha tentato di muoversi in una direzione opposta al predecessore. Ha cercato infatti di restituire l’Iraq agli iracheni nominando ministro degli esteri l’emiro Hussein, nipote dell’ex re iracheno. Ma si è trovato ben presto a dover fare i conti con l’Iran che ha ordinato all’emiro di lasciare immediatamente il Paese. Abadi ha capito allora la complessità del gioco in cui si trovava e il ruolo fondamentale che ricopre l’Iran nel disordine locale. 

Parlare di riforma in Iraq sembra più che altro una gran falsità, e sorprende che l’opposizione islamica, che condivide la scena politica, sia la stessa ad incitare alla riforma, dimenticando che lo stato di disordine nazionale è diretta conseguenza di una cultura elitaria, settaria e frenetica iraniana che mira a governare e spazzare gli arabi via dalle proprie terre.

Tuttavia, io continuo a credere nel popolo iracheno, discendente dei babilonesi, assiri e sumeri che hanno insegnato al mondo a leggere e scrivere. Voi, iracheni coraggiosi, siete ora preda di discorsi fanatici che hanno minato alla saggezza e tolleranza della società irachena!

Dunque, qualsiasi discorso sulla riforma non è altro che polvere negli occhi. Conosco molti iracheni sunniti o sciiti che hanno abbandonato il paese e non intendono farvi ritorno poiché aspettano una riforma. E proprio gli inglesi avrebbero dovuto muovere verso la riforma, creando prima di tutto un’infrastruttura politica, la sola che avrebbe potuto allontanare i partiti islamici dal parlamento onde evitare la rovina attuale. Infatti, condizione fondamentale alla democrazia è l’assenza di fanatici sotto la cupola del parlamento. Non resta allora che affidarsi a Dio e pazientare.

Omar el-Khatib è uno scrittore iracheno, docente universitario ed esperto di Medio Oriente.

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