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L’anniversario di Gennaio e la Primavera Araba non conclusa

primavera araba
È necessario esaminare attentamente la situazione in ciascun paese, il panorama generale della regione e gli obiettivi che sono stati raggiunti dopo i sette anni trascorsi dall'inizio di quella rivoluzione che è stata ribattezzata con il nome di Primavera Araba.

Di Adil Sulayman. Al-Araby al-Jadeed (18/01/18). Traduzione e sintesi di Cristina Tardolini.

L’ondata rivoluzionaria è iniziata in Tunisia sette anni fa. Il 14 gennaio 2011 il presidente della Tunisia, Zine El Abidine Ben Ali, è fuggito con la sua famiglia trovando un rifugio sicuro solo in Arabia Saudita, dopo che molte capitali si erano rifiutate di accoglierlo. Questo evento senza precedenti fu la scintilla che infiammò i sentimenti delle masse arabe che desideravano la salvezza: la fuga di Ben Ali è stata vista come un segnale che i tunisini potevano imporre la propria volontà, se lo volevano.

Il 25 gennaio dello stesso anno poi, il popolo egiziano ha lanciato lo slogan della vita, della libertà e della giustizia sociale, e il movimento rivoluzionario si è presto intensificato fino ad esplodere nel cosiddetto “Venerdì dell’Ira” il 28 gennaio, giorno in cui le forze armate sono scese in piazza Tahrir, per poi arrivare al culmine l’11 febbraio 2011 quando Hosni Mubarak ha abdicato e consegnato lo Stato alle forze armate, rappresentate dal suo Consiglio Supremo.

L’ondata rivoluzionaria si spostò presto in Libia, in Siria e nello Yemen. In quest’ultimo, l’Arabia Saudita e il Consiglio di Cooperazione del Golfo sono intervenuti e hanno imposto un’iniziativa sotto la quale il presidente Saleh rinunciò al potere. Per quanto riguarda la Siria, era diverso: Bashar Assad si è aggrappato al potere e ha spinto il suo esercito a sopprimere le masse che poi si sono trasformate in una resistenza armata. La Siria divenne allora un campo di battaglia per le potenze regionali e internazionali.

Questi furono gli inizi dell’ondata rivoluzionaria, che sembrava annunciare radicali cambiamenti nelle fondamenta dei regimi arabi ormai consolidate.

Tuttavia dobbiamo esaminare attentamente la situazione in ciascun paese, nonché il panorama generale della regione e gli obiettivi che sono stati raggiunti dopo i sette anni trascorsi dall’inizio di quella rivoluzione che è stata ribattezzata con il nome di Primavera Araba. Ben Ali è caduto in Tunisia e Hosni Mubarak in Egitto, Gheddafi in Libia, Saleh in Yemen, e la poltrona di Assad in Siria è stata scossa con forza. Purtroppo però, la controrivoluzione è riuscita a spezzare l’ondata rivoluzionaria e infondere nelle masse uno stato di incertezza, cambiando i venti di rivoluzione portati dalla Primavera Araba. La Siria è un caso emblematico di questo fenomeno, poiché negli utimi anni è diventata un’arena locale, regionale e internazionale di conflitto; per quanto riguarda lo Yemen, esso è immerso nel ciclo di un conflitto tribale, settario e regionale che ha portato in quasi tre anni milioni di sfollati, morti e feriti e milioni di bambini con il colera; e la Libia, che dopo Gheddafi cerca ancora di riunire le proprie parti e restituire la coesione alla propria entità lacerata.

La questione della Primavera Araba rimane dunque molto importante e, dopo aver esaminato la scena araba, la domanda risulta legittima: la rivoluzione è ancora in corso? O una nuova rivoluzione è ancora possibile? La risposta è nelle mani delle future generazioni, le quali devono capire ciò che è accaduto e ciò che non ha funzionato durante la Primavera Araba, per essere in grado di ripristinare una rivoluzione che la generazione precedente non ha potuto completare.

Adil Sulayman è uno scrittore ed un ricercatore universitario egiziano.

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