Di Tariq al-Homayed. Asharq al-Awsat (22/11/2014). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti.
Il vertice consultivo dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) tenutosi in Arabia Saudita ha messo la parola fine alla complicata pagina del conflitto fra i Paesi del Golfo, con il conseguente ritorno degli ambasciatori di Arabia Saudita, Emirati e Bahrein in Qatar. Al vertice ha fatto seguito un importante comunicato in cui il re saudita ‘Abdallah Bin ‘Abd Al-‘Aziz ha esortato “il popolo e i leader” dell’Egitto ad adoperarsi per assicurare il successo dell’accordo di Riyad, importante per il futuro della comune responsabilità araba.
Subito dopo questo storico annuncio del re, l’Egitto si è affrettato a benedire il comunicato saudita, affermando che Il Cairo “esprime piena fiducia nella saggezza di opinione e nella rettitudine della visione del Custode delle due Sacre Moschee, e apprezza enormemente gli sforzi indefessi profusi a favore della nazione araba e islamica, e le sue nobili posizioni a sostegno dell’Egitto e del suo popolo”. Ha così confermato che Il Cairo rinnova l’impegno a essere “la casa degli Arabi”, sottolineando la risposta positiva al sincero invito del re “che rappresenta un grande passo avanti lungo il percorso della comune responsabilità araba”.
Dal momento che questo sincero invito ha incontrato la tempestiva risposta dell’Egitto e il risoluto appoggio degli Emirati che mostra la saggezza della loro politica estera e il sostegno a tutto ciò che è nell’interesse della regione e del Golfo, si pone la seguente domanda: perché il presidente egiziano El Sisi non è stato invitato a essere ospite d’onore al prossimo vertice del CCG in Qatar? L’invito equivarrebbe ad annunciare ufficialmente non solo che è stato superato lo scontro all’interno dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, ma anche che è stata risanata la chiara spaccatura interaraba, visto che l’Egitto non è solo una parte degli Arabi, ma è la casa degli Arabi. È vero che questo invito non porrebbe fine a tutti gli scontri e non sanerebbe tutte le ferite, ma sarebbe un passo avanti nella giusta direzione. L’Egitto è indispensabile e imprescindibile, e non è possibile immaginare gli Arabi, e precisamente il Golfo, senza l’Egitto, un’eventualità catastrofica che era sul punto di verificarsi durante il periodo al potere dei Fratelli Musulmani.
Oggi il Golfo ha bisogno di schierarsi con l’Egitto, la cui forza significa forza di profondità del Golfo stesso, e questo significherà rompere il ghiaccio dopo 4 anni difficili e ardui, e sarà una precauzione per un futuro, ancora più difficile e arduo, che richiede relazioni privilegiate tra il Golfo e l’Egitto.
Qualora l’invito al vertice di Doha fosse esteso al presidente El Sisi, non porrebbe di certo fine a tutti i conflitti, poiché la strada è lunga, ma invierebbe un messaggio politico importante a tutti, precisamente all’Iran e coloro che sostengono il criminale Al-Assad, nonché un messaggio di apprezzamento e rispetto per gli egiziani e per i cittadini del Golfo, rassicurandoli sul fatto che i giorni futuri sono forieri di una visione più chiara rispetto a quella degli scorsi anni a livello del Golfo, egiziano e arabo. Naturalmente l’invito di El Sisi non è un atto di compiacenza né di deferenza, ma un riconoscimento che il domani è diverso da ieri, che è un’ambizione di tutti i saggi.
Tariq al-Homayed è giornalista ed ex capo redattore di Asharq al-Awsat.
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