Medio Oriente Zoom

Perché dobbiamo accettare la nuova “normalità” in Medio Oriente

medio oriente

Di James Zogby. The National.ae (2/1/2016). Traduzione e sintesi di Antonia Maria Cascone.

I conflitti che imperversano in Iraq e in Siria stanno radicalmente trasformando il Medio Oriente e il mondo intero, e le conseguenze sono così profonde che non esiste una soluzione semplice che potrebbe ripristinare la normalità in tempi brevi. È d’uopo, dunque, riconoscere un nuovo concetto di “normalità” da inquadrare e a cui rispondere adeguatamente.

Anche prima dell’avvento di Daesh (ISIS) l’Iraq ha subito un massiccio esodo durante la guerra civile seguita all’occupazione americana; un governo settario a prevalenza sciita è stato inaugurato con il patrocinio degli USA, concedendo all’Iran una certa influenza sugli affari iracheni. Intanto, la popolazione araba sunnita, spogliata dei diritti civili, si è marginalizzata e inasprita, tanto che molti sono caduti preda del richiamo delle milizie fondamentaliste. Al picco del conflitto, un quinto della popolazione irachena era composto da rifugiati e sfollati. Da allora, alcuni iracheni sono tornati in patria, ma il recente conflitto ha creato una nuova ondata di dislocamenti: circa 500.000 iracheni sono stati registrati in quanto rifugiati e quattro milioni sono gli sfollati.

In Siria, è stata una siccità massiccia e prolungata a causare, inizialmente, la dispersione di larghi segmenti della popolazione: la cattiva gestione del problema da parte del corrotto regime di Damasco ha provocato la guerra che ormai va avanti da quattro anni. Circa la metà dei siriani è entrata nelle file dei rifugiati o degli sfollati, con più di quattro milioni che hanno lasciato il Paese e quasi otto milioni di sfollati interni. Circa due milioni sono fuggiti in Turchia, un milione di essi è in Libano e 750.000 in Giordania.

Le pressioni sul piccolo Libano sono diventate enormi, portando al limite la capacità del Paese e delle sue infrastrutture. Le scuole sono sovraffollate, i servizi medici e sociali scarseggiano, e così l’acqua e l’elettricità. La popolazione libanese, inizialmente ricettiva al flusso dei vicini che scappavano dalla guerra, è diventata più reticente con l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, la carenza di alloggi e l’aumento di disoccupazione e povertà.

Molti rifugiati siriani e iracheni si sono aggiunti ad afghani, palestinesi, libici e tutti coloro che rischiano il tutto per tutto cercando di raggiungere l’Europa, per terra o per mare. Secondo alcune stime, il numero di rifugiati in Europa ammonterebbe ad un milione, e cresce a vista d’occhio. E mentre loro puntano a Settentrione, c’è stato un flusso costante di migliaia di europei, alienati e radicalizzati, che si sono invece diretti a sud cercando di unirsi a gruppi estremisti in Siria e Iraq. Alcuni hanno cercato di associare i due flussi di popolazione per supportare le loro campagne anti-immigrazione e anti-Islam, portando alla crescita di movimenti xenofobi di estrema destra.

Non c’è soluzione in vista. Anche se tornasse la pace in Iraq e Siria, sarebbe attraverso accordi precari e imperfetti. Anche se Daesh fosse sconfitto, ci sono dozzine di altri gruppi armati sul territorio che ostacoleranno un ordine sociale e politico tollerante e aperto al pluralismo. Nel migliore dei casi, Iraq e Siria resteranno Paesi divisi. Serviranno decenni per ricostruire infrastrutture e risanare le economie, e anche di più per riguadagnare la fiducia internazionale e la coesione sociale. La maggior parte dei rifugiati rimarrà dov’è. Libano e Giordania dovranno accettare la presenza a lungo termine, o permanente, di comunità siriane. Allo stesso modo, i rifugiati in Europa non spariranno. Sarà impossibile fermare il flusso di persone che attraversano i confini o rimandarle indietro e l’Europa dovrà riconoscere che non è l’immigrazione a generare estremismo, ma è piuttosto il fallimento dell’integrazione. La discriminazione latente e la disoccupazione alimentano l’alienazione che rende i giovani immigrati in Europa facile preda di ideologie radicali, e questo problema può solo essere esacerbato dalla svolta verso l’estrema destra di alcuni governi europei. Il flusso di rifugiati ha dato origine a nuove realtà che stanno cambiando la mappa demografica di Medio Oriente ed Europa: prima lo affrontiamo, meglio sarà per i rifugiati e per coloro che li ospitano.

James Zogby è il Presidente dell’Istituto Arabo-Americano.

Vai all’originale

I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu