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Per un Ramadan 2015 all’insegna della libertà: basta strumentalizzare l’Islam

ramadan

Di Farhat Othman. Al Huffington Post Maghreb (03/06/2015). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen.

Come ogni anno, il mese di Ramadan è il momento in cui ogni fedele è chiamato a dimostrare la sua vera fede, ma allo stesso tempo in questo mese sacro ogni credente sarà anche libero di digiunare o meno in pubblico, perché la libertà è l’essenza dell’Islam.

La tutela di questa libertà, dovrebbe tradursi nell’astensione, da parte di autorità troppo zelanti e che pretendono di difendere l’Islam, dall’interferire con le volontà dei singoli credenti.

Partendo da ciò che riguarda lo Stato civile, il governo dovrebbe dare istruzioni alle sue autorità affinché si impegnino a far rivivere una buona pratica dell’era di Bourguiba, quella di lasciare liberamente aperti i locali commerciali (bar e ristoranti) durante il giorno e di permettere perfino la vendita di alcolici che, contrariamente a quanto si crede, non è vietata.

Andando oltre le apparenze ingannevoli di una religiosità che è solo un fondamentalismo suicida, sarebbe così ora di rispettare il vero Ramadan, un’occasione per astenersi dagli eccessi, sì, ma anche dagli inganni e dai vincoli imposti alla libertà dei fedeli, prima fra tutte quella di digiunare o meno.

Nonostante gli attivisti di minoranza, che pretendono di essere la maggioranza, continuino a ricordare a tutti il dovere di rispettare il “vero Islam”, è stato lo stesso leader di Ennahda, Rachid Ghannouchi, a ricordare che il Ramadan non vieta nè il diritto dei musulmani di non digiunare, né quello di vendere alcolici. Nessuno ha il diritto di richiedere ad un credente di digiunare se lui stesso non vuole farlo, soprattutto quando si parla di sfera pubblica. L’Islam rifiuta infatti, qualsiasi tipo di ostentazione, sia nella pietà che “nell’empietà”.

Come si può costringere i fedeli a digiunare, quando Dio stesso ha dato numerose possibilità di non farlo? Imporre una costrizione, oltre ad essere una violazione dello spirito e della nostra fede tollerante, rappresenta una vera sciocchezza, dal momento che chi digiuna sta volontariamente facendo lo sforzo di resistere alle tentazioni oltre che un gesto di pietà. Come eliminare ogni minima tentazione, se si costringono le persone che non digiunano a farlo per forza o, come più spesso capita, a farlo solo in pubblico per facciata?

Si tratta di una concezione della religione totalmente anti-islamica e che non riflette nulla dello spirito di libertà della nostra religione, rispettosa invece dell’alterità, tollerante e democratica. È giunto il momento infatti di correggere il tiro di questa falsa interpretazione dell’Islam, fortemente segnata dalla passata tradizione giudaico-cristiana.

Oltre alla libertà di digiunare o meno, la vendita e il consumo di alcolici rappresentano un altro tema spinoso e ricco di false interpretazioni e interferenze. In Tunisia il consumo di alcol è molto diffuso sebbene essa sia una nazione legata alla sua religione. Questa apparente contraddizione, si spiega col fatto che l’Islam non vieta di bere alcolici in sé per sé, ciò che vieta, infatti, è l’essere in uno stato di ebrezza soprattutto nel momento dedicato alla preghiera. Contrastare la vendita di alcolici durante il Ramadan dovrebbe quindi considerarsi anti-islamico perché proibire un’attività assolutamente lecita, per conto di apparenze, equivale a rendere quest’ultime “sacre”.

Bisognerebbe ricordare a coloro che sostengono, sulla base di hadith autentici, che l’alcool è vietato,  nell’Islam, che lo stesso arcangelo Gabriele ne ha offerto al Profeta in persona, durante la notte del viaggio, porgendogli due bicchieri: uno contenente del latte e l’altro dell’alcool.

Farhat Othman è un avvocato, politologo, sociologo ed ex diplomatico tunisino.

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