Immigrazione Mediterraneo Zoom

Per evitare altre morti nel Mediterraneo

Mediterraneo by night

Di Adel Darwish. Asharq al-Awsat (26/04/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

La tragedia nelle acque del Mediterraneo spinge ad indagare sui veri responsabili delle morti in mare, al fine di evidenziare i vantaggi economici dietro l’odierno traffico di esseri umani.

La stampa e le associazioni di soccorso definiscono il rifugiato come “quel disperato che fugge dalla morte”, ignaro di trovare la stessa sorte nel Paese d’arrivo, o meglio in mare. Chi è dunque il responsabile di questa tragedia marina? Di sicuro non uno solo.

Dalle interviste di decine di scampati alla morte nel Mediterraneo e rifugiatesi nei centri di accoglienza in Italia, si evince che la maggior parte dei migranti provengono per lo più da Paesi “sicuri”, quali il Bangladesh e l’Africa Sub-Sahariana. Il loro viaggio ha uno scopo principalmente economico.

È un viaggio che comprende diversi porti del Meditarreno fino all’approdo in Libia, punto di partenza per l’Europa. Uno dei contrabbandieri spiega ad una rete britannica di aver ricevuto tra i mille e seimila dollari da ciascun migrante per raggiungere la meta ultima in barca. Cifre enormi che suscitano ulteriori interrogativi. Perché, appunto, un “rifugiato” che scappa da una condizione di pericolo, è disposto a pagare un prezzo cinque volte superiore a quello di un normale biglietto aereo, per dirigersi in uno dei Paesi europei in cui il diritto di asilo viene garantito al momento dell’arrivo in aeroporto?

La responsabilità è da ricercare nei moderni trafficanti di esseri umani, che alimentano i sogni dei giovani dei Paesi “terzomondisti”, premendo sulla situazione di crisi nei Paesi di origine: assenza di lavoro o presenza di organizzazioni terroristiche come Daesh (ISIS).

Tuttavia, fatta eccezione del capitano tunisino e del suo assistente, arrestati perché alla guida di quella nave in cui alcuni giorni fa sono annegate 700 persone, non sono stati riconosciuti altri colpevoli. Questo fa credere nell’esistenza di corruzione all’interno delle agenzie responsabili.

La stampa, sia locale che globale, anziché analizzare la realtà dei fatti, punta sull’emotività dello spettatore, al fine di premere sempre più sui governi europei per incrementare le politiche di accoglienza. Le immagini rappresentano un livello di assistenza sanitaria e sociale piuttosto alto. Ma da parte europea non viene data alcuna soluzione per evitare altre stragi.

Quei miliardi di euro che vanno ad ingrossare le tasche dei contrabbandieri dovrebbero essere spesi dalle Nazioni Unite o dalla Commissione Europea in progetti indirizzati all’arresto di tali traffici, mediante l’attività di servizi segreti. Dalla fase militare o politica, bisogna poi passare alla distruzione di quelle imbarcazioni che si apprestano ad accogliere nuovi migranti nei porti libici. Stabilire allora un recinto o blocco marittimo, intercettare qualsiasi nave in partenza dalla Libia o da qualsiasi altro porto mediterraneo, arrestare i responsabili e reinviare i migranti nella loro terra d’origine.

A questo punto, quei milioni di euro impiegati a sostenere le associazioni di rifugiati e le operazioni di salvataggio potrebbero servire ad erogare prestiti bancari, al fine di finanziare programmi con lo scopo ultimo di istituire delle industrie rurali nei luoghi di partenza dell’immigrazione. Tale operazione contribuirebbe all’impiego di forze lavoro e alla possibilità di cambiare l’immagine del migrante in imprenditore.

Un investimento del genere potrebbe garantire una vita decente ai milioni di migranti che sfidano ogni giorno la morte in mare, una crescita economica nel Paese d’origine e il salvataggio di vite umane, il cui valore non ha prezzo.

Adel Darwish è un commentatore politico egiziano, storico e specialista di politica in Medio Oriente. Inoltre è corrispondente presso il Parlamento di Westminster

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