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Per conto di chi opera ISIS?

Di Elias Harfoush. Al-Hayat (05/01/2014).

Traduzione e sintesi di Lia Brigida Marra.

È questo l’interrogativo che ha cominciato a imporsi sullo sfondo dell’avanzata dei combattenti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante sui fronti siriano e iracheno (ISIS, Daish nella dicitura araba – dawla islamiyya al-‘Iraq wa ashams), nonché alla luce dell’ultima esplosione nel cuore della periferia sud di Beirut rivendicata dall’organizzazione stessa. Considerata la natura settaria dei fronti in cui ha impugnato le armi, risulta evidente che i brutali combattimenti di Daish siano incoraggiati da fazioni ostili al sunnismo moderato, strumentalmente accusato di alimentare il takfirismo.

In Iraq si assiste attualmente a uno scontro tra le forze del premier Nuri al Maliki e le regioni a maggioranza sunnita del governatorato di Anbar, nei confronti delle quali il governo persegue una politica di esclusione settaria. Dinanzi ai sit-in della popolazione l’esercito ha risposto dapprima con la forza per poi ritirarsi dai luoghi delle proteste, lasciando così che i combattenti di Daish si impadronissero delle città principali di Anbar. In tutto ciò Al Maliki ha colto l’occasione per annunciare la lotta contro i “gruppi terroristici”, soffocando le richieste politiche avanzate dalla popolazione di Anbar.

In Siria il regime ha assoldato i miliziani di Daish per vincere le forze dell’opposizione. Sinora, infatti, l’esercito di Assad non ha condotto nessuna operazione militare contro tale organizzazione che, dal canto suo, si limita a scontrarsi con l’esercito siriano libero, a sterminare le forze impegnate in nome del cambiamento democratico, nonché a terrorizzare le minoranze. In tal modo, l’immagine della guerra in Siria si è ridefinita proprio come il regime l’ha intesa sin dall’inizio della rivoluzione: una lotta alle forze del terrorismo e dell’estremismo, senza relazione alcuna con le richieste di riforma.

In Libano un nuovo attentato suicida ha scosso la periferia sud di Beirut al fine di dare l’impressione che vi sia un equilibrio negli atti terroristici che colpiscono la capitale libanese, nonché per allontanare da Hezbollah l’accusa di essere mandante dell’assassinio dell’ex ministro Shattah. Hezbollah, infatti, non ha tardato ad additare i “takfiristi” quali responsabili dell’attentato suicida, senza tuttavia fare alcuna distinzione tra i propri avversari del movimento 14 marzo e le altre forze estremiste attive sulla scena libanese.

Attualmente, è in corso contro Daish una nuova rivoluzione condotta dai combattenti dell’opposizione in Siria, dai clan nel governatorato iracheno di Anbar nonché dalle forze moderate in Libano. Questa rivoluzione si batte non solo contro Daish, ma anche contro i regimi e le forze che a Daish hanno fornito protezione.

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