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Passaggi: “Sorveglianza” di Gamal al-Ghitani

gamal al ghitani
gamal al ghitani

Un uomo sa di essere osservato, ma a sua volta, giorno dopo giorno è diventato osservatore, tanto da non riuscire più a distinguere tra i due ruoli. Questo concetto emerge prepotentemente dai primi paragrafi del racconto “Sorveglianza” di Gamal al-Ghitani, l’autore egiziano mancato pochi mesi fa.

Sul marciapiede antistante c’è un uomo sulla quarantina: lavora all’università. Al suo fianco il figlio, che indossa il grembiule della scuola, dall’altra parte una pesante valigia e una borsa di plastica contenente un pacco. Per tutta la durata dell’anno scolastico li trova lì. Davanti al negozio che vende il succo di canna da zucchero, ecco i soldati della vicina base aerea che attendono la navetta. Arrivano in abiti civili, entrano nella vecchia lavanderia e si infilano la divisa militare dietro una tenda consunta.

Si dirige verso la giornalaia. È seduta in fondo al marciapiede, nello stesso punto in cui si sedeva suo marito prima di morire all’improvviso circa un anno fa. Prende il giornale. Legge i titoli principali. Lancia un’occhiata furtiva alla strada. A un tratto ripiega il giornale e inizia a fissare l’agente. Il fatto curioso è che si comportano tutti alla stessa maniera: sono intenti alla lettura, una lettura immobile, durante la quale gli occhi non si muovono e il viso rimane impassibile. Si assomigliano tutti.

da “Sorveglianza” di Gamal al-Ghitani