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Passaggi: “La danza dello scorpione” di Akram Musallam

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Molti libri di autori palestinesi tendono a essere politicamente e socialmente impegnati. In “La danza dello scorpione” di Akram Musallam il narratore esprime invece molto chiaramente il suo desiderio di non politicizzare gli eventi. Sarà in grado di mantenere questo proposito?

Ecco come commenta l’amputazione della gamba del padre in seguito ad un’infezione dovuta a un chiodo:

“Potrei politicizzare l’argomento e dire che la causa dell’amputazione è stata una mina dell’esercito di occupazione, o che è stato ferito durante l’Intifada, in uno scontro con quello stesso esercito. Ma non è stato così. Ci sono cose naturali e dolorose che avvengono che esista o meno l’occupazione, le gambe si possono perdere per colpa di un chiodo, o per altre cause ancora.

Allo stesso modo, tutta questa faccenda non è da considerarsi una metafora de conflitto generazionale, così come la mutilazione della gamba non è una simbologia che rimanda all’incapacità politica della generazione di mio padre e mette in luce la mia, la generazione dell’Intifada del 1987. Perché io, davvero, non credo che essi siano stati politicamente incapaci, concetto che, a volte, si rende necessario per poter periodizzare la storia. Ho invece l’impressione che le loro azioni, per nulla inferiori alle nostre, siano state proporzionate alle loro possibilità e alla situazione in cui vivevano.”

da “La danza dello scorpione” di Akram Musallam