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Palestina: le bugie di Netanyahu e la codardia dei leader arabi

Opinione di Al-Quds. Al Quds Al-Arabi (31/10/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

Ieri, dopo la preghiera del venerdì, diverse città della Cisgiordania sono state teatro di scontri tra palestinesi e le forze dell’esercito israeliano. I soldati hanno cercato di disperdere i cortei di manifestanti che protestavano contro gli insediamenti, il muro di divisione e l’impossibilità di accedere alla moschea Al-Aqsa.

Dopo due giorni consecutivi di violenza, è chiaro che i palestinesi non vogliano permettere alle forze di occupazione di vincere questa battaglia, facendo temere lo scoppio di una nuova Intifada. Tuttavia, nonostante questa parola riecheggi ovunque, Yohanan Danino, il capo della polizia israeliana, ha dichiarato che la situazione non è ancora così grave. Essa, per coloro che si oppongono, rappresenta l’unica maniera di riscrivere le regole di questo disastroso gioco, nella speranza di non perdere le briciole del territorio rimasto e di realizzare una piena indipendenza nazionale.

Israele ha tutto il diritto di sentirsi terrorizzata, poiché gli sviluppi di questi eventi potrebbero non fermarsi a una mera Intifada, incendiando tutta la regione. Forse è questa la ragione per cui Washington ha invitato Netanyahu a rivedere la decisione di chiudere l’accesso alla moschea. Può darsi, infatti, che le dichiarazioni del Premier israeliano suonino dissolute, soprattutto accusando le organizzazioni islamiche radicali di aver aizzato i palestinesi a ribellarsi.

Tuttavia, il jihadismo è già occupato a torturare la vita dei musulmani in altri paesi. Naturalmente Netanyahu ha mentito, ha ricordato all’Occidente gli orrori perpetrati dalle organizzazioni jihadiste, fomentando la paura che Daish (meglio conosciuto come ISIS) possa colpire Israele.

Il punto è che Gerusalemme, con le sue chiese e moschee, è una ferita aperta nella coscienza di ogni arabo e di ogni essere umano con un animo libero, qualunque sia la sua religione. Ciononostante, la risposta ufficiale delle autorità arabe, con la sua debolezza e fragilità, non stupisce più. Paesi come l’Egitto, uno dei maggiori Stati arabi, l’Arabia Saudita, che si proclama “protettrice dell’Islam”, la Giordania che ha ancora il controllo legale sui santuari islamici a Gerusalemme, il Marocco, che è alla guida della Commessione per Gerusalemme dell’OCI, hanno fatto ben poco.

Questi e gli altri paesi hanno perso una rara occasione di far sentire la loro voce. Finora, anche noi arabi avremmo potuto mostrare il coraggio di un qualsiasi Stato scandinavo, ma è stata la stessa Svezia a precederci, dimostrando la sua determinazione a riconoscere lo Stato palestinese.

Concludendo, perché anche noi non possiamo essere come gli scandinavi?