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I paesi del blocco e il vertice islamico: problemi con la Turchia o con Gerusalemme?

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Il rispetto per il mondo islamico stesso e dei suoi luoghi di culto, di cui Gerusalemme rappresenta uno dei simboli più grandi, può andare oltre i conflitti e impedire a Israele e al pregiudizio americano di sfruttare questa spaccatura tra i paesi arabi e islamici?

L’opinione di Al-Quds. (14/12/2017). Traduzione e sintesi di Veronica D’Agostino.

Mercoledì scorso, a Istanbul, ha preso il via il vertice straordinario dell’organizzazione della cooperazione islamica (OIC) con lo scopo di discutere la decisione presa dal presidente americano Donald Trump sul destino di Gerusalemme. Al vertice hanno partecipato 16 leader provenienti da tutto il mondo, tra cui il re di Giordania Abdullah II, il presidente palestinese Mahmoud Abbas, l’emiro del Qatar e del Kuwait e i presidenti di Libano, Iran, Venezuela, Indonesia, Sudan, Bangladesh, Afghanistan, Azerbaigian, Guinea, Somalia, Togo e Yemen; mentre mancavano il re saudita Salman Bin Abdel Aziz, che ha inviato il suo ministro degli affari islamici, il re del Bahrein e il presidente degli Emirati Arabi Uniti, che hanno inviato i rispettivi ministri di stato per rappresentare i loro paesi e infine il presidente egiziano Al-Sisi, che ha inviato il suo ministro degli esteri Sameh Shoukri. A presiedere il vertice, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Nonostante l’Egitto sia chiaramente in conflitto politico con la Turchia, gli altri paesi sono riusciti ad occupare una posizione intermedia in materia, avendo tutti instaurato buoni rapporti commerciali con la Turchia. Inoltre, tutti questi paesi hanno annunciato apertamente la loro posizione politica in merito, schierandosi contro la decisione del presidente statunitense. Infatti, durante il vertice islamico, il re saudita ha pronunciato un discorso solenne nel quale ha sottolineato la “condanna del Regno e il suo grande rammarico” per la decisione americana, “poiché essa rappresenta un grande pregiudizio contro i diritti del popolo palestinese”.

Sicuramente, esiste una storta di conflitto politico e geografico tra Arabia Saudita ed Egitto da una lato e la Turchia dall’altro, per la leadership del mondo islamico, ma si può supporre che il rispetto per il mondo islamico stesso e pei suoi luoghi di culto, di cui Gerusalemme rappresenta uno dei simboli più grandi, possa andare oltre i conflitti e impedire a Israele e al pregiudizio americano di sfruttare questa spaccatura tra i paesi arabi e islamici?

La posizione presa dai paesi del blocco è coerente con le numerose fughe di notizie pubblicate dai giornali internazionali riguardanti il coordinamento tra l’Arabia Saudita e Donald Trump in merito alla liquidazione della questione palestinese. Si tratta di un coordinamento basato su calcoli immaginari riguardanti lo scambio tra la liquidazione della questione palestinese e il contributo diretto d’Israele nella lotta contro l’Iran, o il coinvolgimento di una tendenza più ampia all’interno del “trattato del secolo” che liquiderebbe così tutte le crisi della regione, stabilendo l’influenza americana-israeliana-saudita.

Pertanto, i problemi dei paesi del blocco, a quanto pare, vanno ben oltre la Turchia e riguardano la Palestina stessa.

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Emanuela Barbieri

Emanuela Barbieri è specializzata in Comunicazione Digitale e Internazionale, SEO Specialist e Consulente di Marketing digitale.
Grazie alla lingua araba ha realizzato progetti ponte tra l'Italia e l'area MENA - Nord Africa e Medio Oriente -, affiancando alla laurea in Lingue e Comunicazione Internazionale una formazione in ambito digitale: siti web, SEO, digital advertising, web marketing.

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