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La nuova alleanza internazionale: déjà vu, ancora e ancora

coalizione anti ISIS

Di Mshari al-Zaydi. Asharq al-Awsat (17/09/14). Traduzione e sintesi di Alessandra Cimarosti.

La campagna sostenuta da alcuni islamisti appoggiati da nazionalisti, scrittori di sinistra e una nuova generazione di studenti contro la nuova alleanza internazionale anti terrorismo religioso ci ricorda il cinismo e lo scetticismo che hanno dominato la scena durante la guerra per liberare il Kuwait nel 1991. All’epoca, i Fratelli Musulmani si unirono ai baathisti di Saddam Hussein, all’OLP di Arafat e al resto dei movimenti panarabi, per attaccare l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo che avevano deciso di costruire un’alleanza internazionale – con gli Stati Uniti che avrebbero provveduto alla maggior parte della forza militare – che liberasse il Kuwait da Saddam.

In Arabia Saudita, gli opponenti più attivi di questa alleanza erano i predicatori islamisti mainstream che rilasciavano dichiarazioni e tenevano conferenze, confondendo l’atmosfera a casa e seminando dubbi circa le intenzioni dietro a questa alleanza. Sostenevano che ciò che stava succedendo rappresentasse una nuova Crociata. Il predicatore più importante che sosteneva tali affermazioni non era altro che Safar al-Hawali.

All’epoca, l’Arabia Saudita si trovò in una posizione difficile. Il re saudita Fahd Bin Abdulaziz disse che il Kuwait sarebbe dovuto tornare alla propria gente, altrimenti “noi” avremmo dovuto prendere provvedimenti per intervenire. In ogni caso, chiunque abbia vissuto quel periodo sa di cosa sto parlando; a chi invece non ‘ha vissuto, dovranno bastare vecchie notizie e libri di storia.

Adesso è stata formata una nuova alleanza internazionale – qualcosa a cui l’Arabia Saudita si era appellata in più occasioni. Il ministro degli Esteri saudita, Saud al-Faisal, ha affermato che questa alleanza cercherà di combattere non solo il Daish, ma tutti i gruppi armati che usano l’omicidio e le violenze per diffondere caos e odio. Questa è una missione importante, anche se dovesse servire un decennio.

L’Iran è stato escluso da questa alleanza come se Teheran fosse parte del problema e non la soluzione. Dopo essere stato dimesso dall’ospedale, la Guida Suprema Ali Khamenei si è lamentato del fatto che l’Iran non fosse stato invitato alla conferenza di Parigi; ha inoltre aggiunto che l’Iran aveva rifiutato una precedente offerta americana di cooperazione militare contro il Daish. Questo, ovviamente, è palesemente falso e circa un mese fa, un portavoce del Dipartimento di Stato statunitense aveva negato che gli USA avessero mai proposto una tale richiesta a Teheran, aggiungendo che Washington non aveva intenzione di chiedere all’Iran di partecipare in questa alleanza internazionale.

La stessa rabbia che sta vivendo l’Iran può essere ritrovata nelle dichiarazioni dell’ideologo dei Fratelli Musulmani Sheikh Yusuf al-Qaradawi che ha affermato di non appoggiate la decisione statunitense di affrontare il Daish. In un tweet infatti, Al-Qaradawi aveva dichiarato: “Mi oppongo al Daish per quanto riguarda il suo percorso ideologico e le sue modalità d’azione, ma non accetterò mai che possa essere uno stato come gli Stati Uniti a combatterlo, i quali non sono motivati da valori musulmani, ma dai propri interessi”. Il suo collega dell’Unione Internazionale per gli Studiosi Musulmani, il dottor Salman al-Ouda, ha ribadito la stessa cosa, chiedendo “Chi ha autorizzato l’America a definire il significato del termine “moderazione”?”.

Tuttavia, Al-Qadarawi e Al-Ouda non hanno espresso tali riserve o scetticismo quando sono stati usati i jet della NATO e i missili statunitensi in Libia e questo a beneficio di alleati in Libia. In quel caso, Al-Qaradawi aveva parlato a favore delle infedeli operazioni militari della NATO contro Gheddafi. Allo stesso modo, per quanto riguarda la Siria, Al-Qaradawi aveva detto nel 2011 al britannico Financial Times che l’intervento della NATO nel Paese sarebbe stato ammissibile.

Questa alleanza internazionale andrà a colpire il Daish, il Fronte al-Nusra, l’Iran e Assad, mentre ne beneficeranno le forze di sicurezza regionale e la stabilità, così come l’opposizione siriana “moderata”.

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