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Nessun confronto tra Washington e Teheran

James Mattis
Le ultime parole del segretario della Difesa americano James Mattis circa un confronto diplomatico con Teheran fanno credere a un ritiro USA dallo scenario mondiale.

Di Hazem al-Amin. Al-Hayat (18/12/2017). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Quanto annunciato dal segretario della Difesa americano, James Mattis, circa un confronto diplomatico e non militare con l’Iran apre la strada ad un’ulteriore riflessione in merito alla condizione di declino che la posizione americana sta registrando in Medio Oriente e nel mondo. Si potrebbe parlare di un declino volontario, ovvero che l’America dalla seconda metà del secondo mandato di Barack Obama abbia voluto ritirarsi da alcune questioni che interessano la regione, e l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca abbia in un certo senso dato prova di questo desiderio interno.

Quel che di più utile è emerso dalle parole di Mattis è l’assenza di un confronto militare con Teheran. Questo dissipa l’immaginazione di quanti stanno indirizzando le loro politiche verso un simile confronto. Ma come commentare il confronto “diplomatico”? L’amministrazione americana si trova in una posizione scomoda da lungo tempo, sia sul piano interno che esterno, dove l’invito ad affrontare l’Iran ha incontrato molte riserve europee. A questo si aggiunge la decisione di riconoscere Gerusalemme capitale eterna di Israele che ha spinto i suoi più stretti alleati arabi a voltarle le spalle.

Washington sta perdendo alleati uno dietro l’altro. Vi rimane come certezza Tel Aviv. In Siria, per esempio, ha deciso di accontentarsi della sua presenza nelle aree curde perdendo l’alleato turco e favorendo la Russia. In Iraq ha fatto il contrario: qui si è affiancato all’Iran contro i curdi, suoi alleati storici, divenendo l’alleato minore nella Mesopotamia. In Libano, invece, si è limitato ad emanare sanzioni economiche contro il Partito di Hezbollah, non facendo alcuna distinzione tra il Partito e gli altri libanesi.

In questo contesto, non possiamo negare che Washington abbia prestato una serie di servizi a Teheran. Se da un lato predica un confronto con l’Iran, dall’altro avanza verso quest’ultima. A testimonianza di ciò, l’espansione dell’Iran nella guerra yemenita favorita dal ritiro statunitense.

Ecco la creazione di un oledotto tra Teheran e Baghdad e di un altro per trasportare gas russo lungo il territorio iraniano. Le linee diplomatiche iraniane penetrano quei legami che Washington intrattiene con i suoi alleati più prossimi nella regione. Tuttavia, la capitale statunitense non ha mosso un solo passo al di fuori dei suoi confini per costruire una piattaforma di confronto diplomatico o non con Teheran, tanto che la posizione americana nella maggior parte delle crisi locali non ha segnato una grande divisione negli interessi dei due Paesi.

Possiamo concludere che, dal momento che la decisione americana non oltrepassa i corridoi interni, Washington non convince con la sua decisione di confrontarsi con Teheran, per di più sul piano diplomatico. La questione non si limita solo alla mancata risposta dei suoi alleati occidentali, ma riflette soprattutto una mancanza di volontà propria americana di voler impegnarsi in questo confronto.

Hazem Al-Amin è uno scrittore e giornalista libanese.

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