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Nabil Fahmy, se l’ambasciatore diventa ministro degli Esteri

Nabil Fahmy, ministro degli Esteri egiziano
Nabil Fahmy, ministro degli Esteri egiziano
Nabil Fahmy, ministro degli Esteri egiziano

di Mohamed Salmawi (AlMasry AlYoum 21/07/2013). Traduzione di Claudia Avolio.

Conoscendo l’ambasciatore Nabil Fahmy, e guardando al suo successo come ambasciatore a Tokyo e alla sua maestria nello stesso ruolo a Washington, sono sicuro che sarà uno dei migliori ministri degli Esteri egiziani. La conferenza stampa tenuta ieri me lo ha confermato. Nabil Fahmy è l’erede migliore di quell’antica scuola diplomatica egiziana, i cui capisaldi sono stati Mohamed Salah Eddin, Mahmoud Fawzi, Mahmoud Riad, Ismail Fahmy e Amr Moussa.

Personalmente ho suddiviso le scuole di pensiero egiziano legato agli Esteri in due parti: della prima fanno parte i ministri degli Esteri che hanno brillato nell’esprimere politiche diplomatiche definite in prima persona (Mahmoud Fawzi, Esmat Abdel Meguid, Mohamed Kamel Amr). Della seconda sono parte quei ministri che si sono messi in luce per aver sviluppato la politica estera col proprio ingegno, rendendo un servizio agli obiettivi nazionali concordati (Ismail Fahmi, Amr Moussa). Non è una coincidenza che a far parte di questa seconda scuola sono coloro che spesso hanno trovato ostacoli nella leadership politica per le divergenze su ognuno di quegli obiettivi nazionali.

Nabil Fahmy appartiene a questa seconda scuola, e l’ha mostrato già il primo giorno al ministero: la conferenza stampa non era stata svolta dai ministri che lo hanno preceduto e alcuni di essi attendevano istruzioni su quali questioni estere meritassero attenzione maggiore. Nabil Fahmy invece ha fornito sin dal primo giorno una visione comprensiva del futuro per i temi nazionali e le sue priorità sono quelle giuste. Inoltre ha presentato le politiche che saranno seguite in ognuna di queste priorità.

Per la prima volta un ministro degli Esteri si impegna pubblicamente e spiega i suoi provvedimenti, firmando davanti alla gente gli obblighi che dovrà rispettare. E questo tipo di diplomazia, che prima d’ora non aveva luogo, è il primo prodotto diretto della rivoluzione portata avanti dal popolo egiziano. Ha reso infatti il popolo colui che detiene l’ultima parola nel processo decisionale della diplomazia. Quest’ultima ci si immagina a volte che sia un campo specializzato distante dall’interazione con l’opinione pubblica: eppure la rivoluzione contro il regime di Mubarak avvenne tanto per la politica estera quanto per quella interna. Si svolse contro il declino del ruolo dell’Egitto nel mondo arabo e la sua negligenza nel contesto africano, oltre che per il suo allineamento quasi totale alle

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parti americana e israeliana.

Ieri la conferenza stampa di Nabil Fahmy è giunta come prima applicazione pratica della rivoluzione. Anzitutto perché esprime il rispetto del ministro verso l’autorità suprema del popolo, a cui ha presentato i suoi piani per il futuro. In secondo luogo perché il suo programma incarna in modo diretto le aspirazioni della rivoluzione sul piano estero… Speriamo che gli altri ministeri prendano esempio!

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