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Sulla musica turca e l’Europa

Questo articolo prende spunto da alcune pagine del famoso libro di Curt Sachs, “Storia degli strumenti musicali”. In un paragrafo, dedicato alla musica turca, si accenna anche delle influenze che questa ha avuto sulle usanze, musicali e non solo, nell’Europa di quel periodo. Sappiamo, da varie fonti, che le cosiddette “turcherie” furono un fenomeno di costume che interessò i Paesi europei sin dal ‘600.

Ecco intanto qualche link di approfondimento:

La stagione delle turcherie, modi e mode di Turchia nella musica europea tra Settecento e Ottocento

Le turcherie musicali

Turcherie nella musica barocca

Veniamo al paragrafo di Curt Sachs.

Da quando Costantinopoli fu conquistata dai Turchi, nel 1543, l’Europa (soprattutto quella orientale) dovette fare i conti con la prossimità degli eserciti turchi per un lungo periodo, fino al ‘700. Una particolare presenza musicale caratterizzava questi eserciti. Scrive testualmente Sachs:

“…sempre più i soldati occidentali si trovarono esposti alla eccitante musica che intossicava le armate turche, col penetrante suono degli oboi e dei triangoli, accentati dai fragorosi cimbali e dai rombanti tamburi”.

La suggestione di queste formazioni musicali e dei loro suoni fu davvero di forte impatto se, dal ‘700, sconfitta la Turchia, gli europei cominciarono ad imitarne le usanze musicali conosciute attraverso le bande ottomane.

Cominciarono i polacchi, adottando la musica turca o musica dei giannizzeri, ossia un corpo di soldati scelti e a guardia del sultano che, col tempo, acquisirono molto potere.

Seguendo l’esempio polacco, l’elettore di Sassonia nonché re di Polonia, Augusto il Forte, volle una banda sassone con ben quattro cimbalisti. Seguì l’Austria, che nel 1740 ebbe i suoi primi “giannizzeri” e, pian piano, vari Paesi europei seguirono l’onda. Quella che gli europei chiamavano musica turca era data dalla combinazione di grancassa, piatti e triangolo, come fece Haydn nella sua Sinfonia militare, nel
1794.

Nelle bande fu introdotta anche la mezzaluna (anche qui), strumento tintinnante (denominata anche “cappello turco” e in tanti altri modi).

Nelle arti, non solo nella musica, si manifestò una spiccata predilezione per soggetti turcheschi (anche l’abbigliamento ne fu influenzato). Troviamo vari esempi di queste mode in numerose opere buffe del ‘700, come La cadi dupè (1761) e La rencontre imprévue (1764) di Gluck, Il ratto del serraglio (1781) di Mozart, La caravane du Caire (1783) di Grétry. Vi propongo l’ascolto del Coro dei giannizzeri, da Il ratto del serraglio mozartiano.

grancassa in Vittore CarpaccioLa grancassa, strumento assai comune nelle bande ma anche nelle orchestre occidentali, fece una delle sue prime comparse testimoniate proprio ne Il ratto del serraglio. Fino alla prima metà dell’Ottocento, questo strumento veniva ancora chiamato tamburo turco e pare che l’attribuzione del nome fosse giusta.

Intorno al 1505, l’italiano Vittore Carpaccio ne diede testimonianza pittorica in una banda turca. La cosa interessante è che ancora nella prima metà dell’Ottocento la grancassa veniva suonata all’orientale, cioè “con un mazzuolo sulla pelle destra e con una canna fessa sulla cassa, oppure con un mazzuolo per ogni mano” (da Curt Sachs, “Storia degli strumenti musicali”).

 

Un caro saluto e a presto!

Cinzia Merletti

 

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About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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