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Musica e sufismo: il semà

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Salve! oggi vi propongo un argomento che mi appassiona molto e che ho trattato nelle mie passate pubblicazioni sulla musica nel mondo arabo-islamico, una delle quali è rappresentata dalla foto qui a fianco.

Nelle grandi civiltà del Medio Oriente, quindi anche nel mondo arabo, la musica ha occupato un posto importantissimo nella concezione cosmologica dei popoli, con importanti ripercussioni anche nella musica. Solo se pensiamo, infatti, che questa esprime l’armonia del cosmo e la possiamo ben considerare quintessenza della creazione, possiamo capire come i mistici sufi di alcune confraternite possano compiere il loro cammino verso Dio, servendosi della musica. Tutti i Sufi camminano verso Dio ma possono scegliere percorsi diversi; ecco, quindi, perché alcuni fanno uso di musica e altri no.

La parola maqam, che musicalmente indica il modo musicale (semplificando al massimo), viene usata anche nel sufismo, nel suo significato di “stazione”: il lungo e faticoso cammino attraverso il quale il Sufi riesce a scrollarsi di dosso i veli e il fardello della materialità, a purificare se stesso fino ad avere un “cuore bianco e puro come la neve” (Rumi) che gli permette di avvicinarsi a Dio, è un percorso arduo e richiede tappe progressive, dette appunto “stazioni”, ossia maqamat. Il suono dell’aria, tra quelli dei quattro elementi cosmologici, è quello che si pone al di sopra degli altri e favorisce l’estasi; più in alto ancora c’è il suono stesso della Creazione, quello dell’etere, che tutto comprende ma che solo mente e cuore puri possono percepire.

Rumi, contemporaneo di San Francesco d’Assisi, fondò la sua confraternita a Konia, in Asia Minore. Usò la poesia e la musica per avvicinare le persone a Dio e per veicolare messaggi altissimi per il loro contenuto spirituale ma anche per la forma artistica che egli seppe imprimere ai suoi poemi. Musica, poesie e danze venivano ampiamente praticate nel suo Ordine, benché fosse sempre indispensabile vigilare perché l’ascolto emotivo della musica non producesse, piuttosto, un’autointossicazione, un’ebbrezza fuorviante rispetto all’autentica liberazione dalla materialità, verso lo stato di genuina comunione con Dio. L’ascolto mistico, o concerto spirituale, detto sama o semà,  richiedeva una lunga preparazione da parte degli adepti, esclusivamente sotto la guida di un Maestro. Nel sama non bisogna cercare l’emozione, non sono i sensi esteriori che devono prevalere ma quelli interiori; non l’indole di una persona deve dominare e trascinare gli altri ma tutto il gruppo, guidato dal Maestro, si deve muovere nell’ambito di una situazione che è al di sopra dei singoli. Tutti partecipano, quindi, ad una vera e propria danza cosmica, dove “danza” non va intesa come coreografia. Dall’abbigliamento ad ogni piccolo gesto compiuto dai partecipanti, essa assume una valenza simbolica importantissima, con l’accompagnamento del nay, il flauto di canna, dei tamburi, di cordofoni. Non si odono solo gli strumenti ma la voce stessa dei Sufi, quasi ipnoticamente, ripete la sillaba hu, Lui, Allah, a cui seguono quelle della professione di fede: La illaha illa-llah, “Non c’è Dio all’infuori di Dio”. Così facendo, i Sufi riescono a proiettarsi in una dimensione spirituale e a percepire il suono etereo della Creazione, la voce ineffabile di Dio che l’umanità dimentica quando, nascendo, il corpo materiale imprigiona l’anima. Ma come la canna recisa dalla giuncaia (immagine presa dai poemi di Rumi), l’anima anela continuamente verso il suo Creatore, spinta da una struggente nostalgia. Nell’ordine nei Mevlevi, o Dervisci Rotanti istituiti da Rumi, la danza che porta all’estasi avviene senza segni esteriori eclatanti, cioè senza grida né movimenti convulsivi.

Se alla danza sacra dei Mevlevi venisse a mancare la luce della visione spirituale del Maestro Rumi, si ridurrebbe a mero spettacolo, perderebbe il suo profondo valore simbolico e la sua ragion d’essere.

Ecco un link utile per approfondire l’argomento.

http://www.hoalu.it/sufismo.htm

Non posso fare a meno di chiedermi, di fronte ai numerosi spettacoli di danze dei Dervisci, o Mevlevi, quanto l’esibirsi di fronte a turisti o vaste platee non incida sulla genuinità del sama. Mi piacerebbe se qualcuno, competente in materia, intervenisse in merito e rispondesse alla mia domanda.

Riporto alcuni link, da YouTube, sulle danze dei Dervisci. Ho volutamente omesso, per profondo rispetto nei confronti di Rumi e per la sua memoria, di presentarvi video in cui la musica originale è stata sostituita da brani new-age, non si capisce perchè, o alcuni in cui addirittura compare senza ritegno la marca degli strumenti musicali (esempio tastiere elettroniche) usati nel video.

https://www.youtube.com/watch?v=qkSZWUtIWp4

https://www.youtube.com/watch?v=7SjnzXZ0Xho

https://www.youtube.com/watch?v=GQBeK0_VVuE

https://www.youtube.com/watch?v=S45OJnQp6mI

https://www.youtube.com/watch?v=JYDSzdv9XRU

About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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