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La musica dei Kabila e il loro invito ad aprirsi al nuovo: “Yallah!”

Care amiche e amici,

oggi vi presento un gruppo musicale, i Kabila. Ho apprezzato la loro grande volontà di costruire un percorso di incontro fra identità culturali diverse che, dalle varie sponde del Mediterraneo e non solo, vengono tradotte ed espresse in una musica che accoglie in uno stretto abbraccio tali identità.

Kabila, mi rivolgo a voi, in questa intervista per i nostri lettori: avendo ascoltato il vostro ultimo lavoro
discografico, “Yallah!”, risulta subito evidente la volontà di pensare e realizzare delle “zone” di incontro
attraverso la musica che, dal Libano, approda in Italia. Non solo linguaggi musicali e sonorità ma anche lingue, vocalità, suggestioni, abbracciano il mondo e vi si intrecciano.

Presentatevi ai lettori e diteci quale messaggio, al di sopra delle identità nazionali e culturali, voi volete proporre al vostro pubblico. Raccontateci anche come vi siete incontrati, come è nato il vostro gruppo e con quali criteri e scelte musicali avete messo insieme elementi musicali arabofoni e occidentali.

K.: Salve a tutti! I Kabìla nascono nel 2008 con la pubblicazione del nostro primo album, “La città degli alberi” (Ai-music). Il percorso musicale che ha poi dato vita ai Kabìla risale, in realtà al 2006, quando partecipammo a Radio Rai 1 Demo, con il brano “Concerto d’Africa”. Decidemmo così di comporre altro materiale inedito che poi sarebbe confluito nel nostro CD di esordio, che è nato grazie anche all’incontro e alla collaborazione con Massimo Giuntini, nostro produttore artistico. Inizialmente nella band, oltre a Emad Shuman, Mirko Speranzi e Cristiano Rossi, suonavano anche Marco Patrussi, il nostro primo batterista, prematuramente scomparso e un nostro caro amico, nonché talentuoso musicista siriano Muauia Alabdulmagid, che suonava l’oud. Poi sono subentrati, in momenti diversi, Adriano Checcacci alla batteria, Marco Chianucci al basso e Gabriele Polverini alle chitarre elettriche.

Cinzia - Intervista ai Kabila inIl gruppo è nato con la volontà di unire e contaminare le nostre culture musicali e i nostri percorsi e per creare una sorta di fusione di stili e suoni, apparentemente molto distanti ma che, in realtà, si sono rivelati molto affini tra loro. Ed è così che sono stati registrati altri due CD, “Oltre noi” (Ai-music/Egea) nel 2010 e “Yallah!” (Soffici Dischi/Audioglobe), pubblicato nel settembre del 2013, che includono brani cantati in italiano e in arabo con due voci molto diverse che sono anche un modo per far esprimere due mondi distinti che sanno cercarsi e fondersi con una certa naturalezza. In questi anni abbiamo fatto molti concerti in Italia e all’estero e abbiamo potuto affinare il nostro sound cercando di introdurre nuove sonorità e strumenti, per portare avanti quel desiderio di contaminazione musicale che è stato il motore del nostro viaggio.

C.: Infatti, hai spiegato benissimo quello che avevo accennato all’inizio in forma velata, aspettando che lo dicessi tu. Nel CD “Yallah” si affiancano in vario modo voci e lingue italiane e arabe, a volte anche con testi in inglese. Il tutto è molto suggestivo e il messaggio che arriva agli ascoltatori è forte ed inequivocabile. Mi piacerebbe che tu approfondissi ancora questo aspetto del vostro lavoro.

K.: Certo, il nostro messaggio principale è quello della fusione dei mondi: non solo i due più evidenti, il mondo arabo e quello “europeo”, italiano e britannico. Nella musica dei Kabila risuonano anche l’Africa del Maghreb, insieme a quella nera e ai suoi figli americani, il Blues in primis, il risultato di tutte le nostre esperienze e conoscenze. Protagonista assoluto di questo “crogiolo che fonde” è il centro delle nostre culture: il Mediterraneo. Potremmo dire che la nostra musica deriva dal millenario incontro che avviene sulle sponde del Mediterraneo; ci immaginiamo come un emporio nel quale, come prima di noi i nostri antenati etruschi e fenici, ci vediamo, prendiamo le migliori merci, le interiorizziamo e le fondiamo. Qualcosa tipo: “Io prendo questa melodia vocale araba, in cambio ti do una linea di sintetizzatore o di chitarra elettrica, condiamo tutto con questo liuto e l’affare è fatto” (i nostri avi avrebbero similmente fatto uno scambio tra la porpora fenicia e la ceramica siglata delle nostre terre, ad esempio). In questo modo abbiamo cercato di prendere quello che ritenevamo il meglio dalle nostre culture e di fonderlo insieme. Nel processo, secondo i nostri gusti, tutto è accresciuto: per noi, la nostra lega è più forte dei metalli con i quali fu originariamente forgiata.

C.: Benissimo, grazie! Ho visto le foto di un vostro servizio fotografico in un castello che mi ha letteralmente incantata e vorrei che ci raccontassi qualcosa in proposito. Che castello è e dove si trova quella meraviglia?

K.: Il posto che abbiamo scelto per effettuare il servizio fotografico del CD “Yallah!” è il Castello di
Sammezzano, in provincia di Firenze, una vera scoperta anche per noi che non sapevamo di avere a pochi chilometri di distanza, dalle nostre residenze, una vera opera d’arte piena di colori e di mondi rappresentati all’interno delle tante stanze. Il castello ha una storia curiosa e somiglia un po’ a quella dei Kabila: il proprietario ha ristrutturato nel XIX secolo il castello in stile moresco, essendo appassionato di quella forma architettonica. Il risultato è una bizzarra fusione tra materiali toscani e stile moresco, un po’ somigliante ai capolavori andalusi o marocchini, ma stranamente “nostrano”. Pochi giorni dopo l’uscita del nostro “Yallah!”, apparve una foto che somigliava molto alla copertina del CD, sul sito del Daily Telegraph. Il giornale inglese aveva selezionato il castello di Sammezzano come uno dei luoghi abbandonati più belli del mondo. Magari non in patria, ma siamo stati a modo nostro “profeti”.

C.: Chi è l’autore del servizio fotografico? Lo ringraziamo e gli facciamo i complimenti.

K.: Sì, l’autore è Gianluca Bennati.

C.: Molto bene. Ora guardiamo al futuro, che progetti avete?

K.: Per il momento, i nostri progetti prevedono concerti in Italia e all’estero per promuovere il nostro ultimo album, che ci sta dando soddisfazioni per quanto concerne il gradimento degli ascoltatori e degli addetti ai lavori e per le tante positive recensioni pubblicate. Inoltre, tra una pausa e l’altra, stanno nascendo nuove canzoni che già sono proiettate verso un nuovo lavoro che verrà programmato più avanti. I Kabìla non si fermano ma vanno sempre avanti, arricchendosi delle contaminazioni degli incontri del loro percorso.

C.: E fate bene, non bisogna fermarsi mai. Suggeriamo ai nostri amici dei link utili per conoscervi meglio, per ascoltarvi e per seguirvi nelle vostre attività:

il vostro sito e il vostro canale YouTube

Salutiamoci con un messaggio forte per i nostri lettori: lascio a voi le ultime parole di saluto, sicura che le condividerò in pieno.

Buon proseguimento e in bocca al lupo per tutto!

K.: Grazie! Con la nostra musica invitiamo le persone a uscire dai loro mondi e ad entrare in mondi nuovi che conoscono solo per sentito dire … Ecco noi crediamo che questo debba essere il messaggio di “Yallah!” … Entrate nel nostro mondo: una realtà possibile, un esperanto di culture. E un invito a tutti noi: di lasciare sempre la porta aperta al nuovo.

 

Cinzia Merletti

 

 

About the author

Cinzia Merletti

Cinzia Merletti è musicista, didatta, saggista. Diplomata in pianoforte, laureata in DAMS, specializzata in Didattica e con un Master in Formazione musicale e dimensioni del contemporaneo. Ha scritto e pubblicato saggi sulla musica nella cultura arabo-islamica e mediterranea, anche con CD allegato, e sulla modalità. Saggi e articoli sono presenti anche su Musicheria.net. Ha all'attivo importanti collaborazioni con musicisti prestigiosi, Associazioni culturali e ONG, enti nazionali e comunali, Conservatorio di Santa Cecilia, per la realizzazione di eventi artistici, progetti formativi ed interculturali tuttora in corso.

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