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Medio Oriente, interessi europei a più livelli nel Golfo

di Julie Kebbi L’Orient-Le Jour (18/07/2019) Traduzione e sintesi di Katia Cerratti

L’UE ha annunciato l’apertura di una nuova rappresentanza diplomatica in Kuwait  per rafforzare la sua presenza nella regione.

“Quello che sta accadendo nel Golfo è importante per l’Europa e ciò che sta accadendo in Europa è importante per il Golfo”.  Così Federica Mogherini, capo della diplomazia dell’Unione europea, ha annunciato domenica scorsa l’apertura di una rappresentanza diplomatica in Kuwait, in una penisola arabica sotto forte tensione da diverse settimane, aggiungendo che “si tratta anche di un messaggio per l’intera regione: l’Unione europea sta accrescendo la sua presenza e il suo impegno in Medio Oriente”. Secondo alcuni osservatori, avendo già due delegazioni nel Golfo, in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti, la scelta di aprirne una terza in Kuwait, che ha legami con l’Iran, potrebbe far parte del desiderio dell’UE di alleviare le tensioni attraverso diversi canali diplomatici.

Tre giorni prima, Londra aveva denunciato il tentativo di bloccare una delle sue petroliere da parte di tre navi iraniane nello Stretto di Hormuz. Largo circa 50 km e profondo 80 metri, lo Stretto è stato oggetto di particolare attenzione nel maggio scorso, dopo il “sabotaggio” di quattro navi al largo degli Emirati Arabi Uniti, attribuito all’Iran dagli Stati Uniti. “Ci sono preoccupanti elementi in escalation”, ha affermato domenica scorsa Jean-Yves Le Drian, ministro francese per l’Europa e gli Affari esteri, sul canale televisivo BFMTV. “Devo dire che la situazione è seria, perché il graduale aumento della tensione può portare a incidenti”, ha sottolineato. Collegando il Golfo Persico al Golfo di Oman, lo Stretto di Hormuz costituisce  un’area strategica attraverso la quale transita oltre il 35% del petrolio marittimo mondiale per servire diversi mercati dall’Asia alle Americhe, passando per l’Europa, secondo l’Agenzia di Informazione sull’Energia (AIE) del governo degli Stati Uniti.

Secondo Eurostat, nel 2017 quasi il 7% delle importazioni europee di petrolio greggio proveniva dall’Arabia Saudita, peso massimo del mercato dell’oro nero e che dispone di quasi il 16% delle riserve mondiali di petrolio.

Pierre Noël, ricercatore in materia di sicurezza economica ed energetica presso l’Istituto internazionale di Studi Strategici (IISS). ha spiegato a L’Orient-Le Jour che ‘i paesi europei, come altri paesi del mondo, hanno un interesse economico in un flusso libero e senza ostacoli di petrolio e gas naturale attraverso il Golfo e lo Stretto di Hormuz, una condizione essenziale per la stabilità del mercato petrolifero’.

Una dimensione energetica importante a cui vanno aggiunti, secondo  Frédéric Charillon, professore di relazioni internazionali presso Sciences Po Paris, importanti legami commerciali con le monarchie del Golfo e una complessa gestione dell’Islam europeo, in un contesto di divisioni tra i sostenitori dei Fratelli Musulmani (Qatar, Turchia) e i loro oppositori (Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita).

Mercato succulento per i paesi europei, gli scambi commerciali tra l’Unione europea e i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo ammontavano a 143,7 miliardi di euro nel 2017, tra prodotti industriali o armi militari. L’anno seguente, l’UE si è elevata al rango di primo partner commerciale del GCC, rappresentando il 14,6% del suo commercio totale, secondo la Commissione europea. Mentre le discussioni sulla conclusione di un accordo di libero scambio tra l’UE e il GCC sono state sospese nel 2017 a seguito di controversie fiscali e in materia di diritti umani, entrambi i partner sono però oggetto di un accordo di cooperazione stabilito nel 1988. Secondo una dichiarazione della Commissione europea, l’obiettivo è rafforzare le loro relazioni e la cooperazione coprendo tre settori principali: industria, energia e ambiente. Elementi a cui vanno aggiunte le storiche relazioni bilaterali mantenute da alcuni paesi europei e le monarchie del Golfo, la maggior parte delle quali era sotto la protezione britannica tra il XIX e XX secolo, come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain e l’Oman (de facto). Il regno wahabita e Parigi sono legati da vari trattati fin dagli anni Sessanta, basati su investimenti, cooperazione culturale, nel settore tecnico o della salute e della ricerca scientifica, mentre gli investimenti del Qatar in Francia ammontano a oltre 30 miliardi di euro.

Principali partner europeee nella regione, Londra e Parigi sono anche fortemente presenti militarmente nel Golfo, al fianco di Washington. La base aerea di al-Udeid, in Qatar, accoglie in particolare la sede della forze aeree reali britanniche (RAF), oltre alle forze americane, mentre una base militare britannica permanente è stata aperta nel Bahrain nel mese di aprile 2018. La Francia, dal canto suo, dispone di una base aerea dal 2009 nella base congiunta permanente di al-Dhafra, negli Emirati Arabi Uniti.

Con gli interessi che abbracciano più livelli, le tensioni ambientali sia per questioni geopolitiche che economiche, non sono ben viste dagli Europei. Secondo Charillon, in questo senso, ci si può aspettare tentativi di mediazione sia da parte UE che da un “insieme di singoli partner”. “La Francia ha dato il ‘la’ e ad essa dovranno affiancarsi la Germania e altri paesi. A questo proposito, alcuni grandi diplomazie (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna …) possono lavorare insieme per creare un dialogo “,ha precisato Charillon, prima di sottolineare che, tuttavia, “esse non potranno impedire incidenti o che una provocazione degeneri”.

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