Marocco Zoom

Marocco: linee rosse in movimento

Bandiera del Marocco

Di Muhammad Ahmed Bennis. Al-Araby al-Jadeed (14/01/2016). Traduzione e sintesi di Irene Capiferri.

Da giorni l’opinione pubblica marocchina è scossa da ciò che è stato chiamato “il massacro del giovedì nero”, quando le forze di sicurezza sono intervenute violentemente per disperdere le marce pacifiche organizzate in alcune città dai professori per protestare contro due decreti governativi che modificano le loro condizioni di impiego e riducono gli stipendi della metà. L’intervento ha provocato feriti e ha scatenato la rabbia e le denunce delle organizzazioni sindacali e per i diritti umani.

Ciò che è successo pone molti interrogativi, che vanno oltre l’irrigidimento del governo guidato dagli islamisti e il suo rifiuto di fare marcia indietro sui decreti, o la crisi strutturale del sistema educativo marocchino; riguardano, infatti, in generale la politica marocchina e la sua capacità di superare crisi e tensioni, per riprodurre sempre la propria struttura e i propri meccanismi, a prescindere dall’appartenenza politica del partito al governo.

Sembra necessario distinguere tra il reale potere, con i suoi bracci politici, di sicurezza, religiosi, economici e mediatici, e il governo che sovrintende l’attuazione di politiche pubbliche senza aver, in molti casi, preso parte alla loro ideazione. Perciò non molti si sono stupiti quando il primo ministro Benkirane ha affermato di non avere responsabilità per quanto accaduto ai professori che manifestavano, cosa che solleva interrogativi riguardo la natura del potere esecutivo e la sua sovrapposizione con gli altri poteri, nonché riguardo il controllo della politica di sicurezza.

Forse il Marocco è l’unico Paese arabo ad essersi aperto al discorso dei diritti umani universali, e ad aver tentato di includere tale legislazione internazionale nella propria struttura legislativa e istituzionale. Tuttavia il movimento popolare arabo esploso all’inizio del 2011 ha rallentato tale tendenza, costringendo il potere, e con esso l’élite, a cercare una soluzione per gestire la situazione senza dover pagare troppo: ciò è stato realizzato con la Costituzione promulgata il luglio dello stesso anno, che comprendeva disposizioni avanzate, in particolare per ciò che riguarda i diritti e le libertà.

Ma che valore hanno queste prescrizioni alla luce della mancanza di scrupoli delle forze di sicurezza contro le proteste pacifiche e legittime? Che posizione ha il governo riguardo questa contraddizione tra il testo costituzionale e una realtà da cui continuano ad emergere tensioni sociali? Il potere, l’élite e la società in Marocco sono consapevoli che la declinazione di queste direttive nel contesto politico e sociale tradizionale resta soggetta in larga misura agli equilibri tra le forze dominanti e alle loro relazioni con l’ambiente regionale e internazionale, e ciò significa la possibilità che alcuni organi di sicurezza agiscano al di fuori del tracciato della legittimità giuridica, se necessario.

Questo fenomeno può essere descritto come la presenza di linee rosse in movimento e non fisse, e la violenza che il potere si faceva scrupolo di utilizzare quattro anni fa, quando il movimento popolare era al suo apice, può diventare ora per esso un rifugio, senza alcun controllo nonostante violi il testo costituzionale.

Muhammad Ahmed Bennis è un poeta e scrittore marocchino.

Vai all’originale

I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu