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Marocco: concluso il processo a carico di attivisti saharawi

Al-Alam (19/02/2013). Il processo a carico di 24 attivisti saharawi accusati delle violenze avvenute a Gdeim Izik è terminato sabato sera a Rabat e si è chiuso con 9 condanne all’ergastolo per l’uccisione di una dozzina di poliziotti avvenuta vicino Laayoune l’8 novembre 2010.

Nel rapporto stilato dalla delegazione di quattro osservatori italiani che lo ha seguito si legge: “Tre giorni di processo trasparente e ben organizzato e, a nostro avviso, equilibrato. In primo luogo abbiamo osservato che gli imputati si sono presentati in totale libertà,
potendo godere della libertà di parola e di espressione, pronunciando slogan politici e di propaganda tipica di un partito separatista come il Fronte Polisario. Indossavano inoltre vestiti tradizionali del Sahara e senza manette”.

Gli osservatori rilevano inoltre come gli imputati abbiano avuto molte opportunità di parlare direttamente al pubblico. Inoltre tutti – il personale civile internazionale, i militari, i giornalisti e gli osservatori internazionali – hanno avuto l’opportunità di assistere al
processo nel tribunale militare, ascoltando il racconto dei fatti accaduti a Gdeim Izik grazie alla traduzione in quattro lingue diverse, ovvero arabo, inglese, francese e spagnolo.

Per questo nel documento, firmato dagli osservatori Sara Baresi, Massimiliano Boccolini, Francesco de Remigis e Velia Iacovino, si rileva che “questo sia indicativo di come ci sia stato un confronto chiaro e paritario tra il pubblico ministero e la difesa. Ovviamente,
il pubblico ministero ha mostrato video, fotografie, testimonianze per dimostrare la colpevolezza dei 24 accusati. In secondo luogo, il presidente della giuria, un giudice civile, ha concesso il giusto tempo alle parti per presentare le loro argomentazioni. Inoltre
è stato assicurato agli avvocati della difesa il diritto di parlare, esponendo la loro tesi, in particolare per quanto riguarda l’innocenza degli imputati”. Gli osservatori ricordano infine come “al di fuori del tribunale la polizia abbia permesso a tutti di esprimere il
proprio punto di vista e ai familiari delle vittime di manifestare anche in totale libertà. Riteniamo inoltre che non si sia trattato di un processo politico in quanto i rappresentanti politici e istituzionali hanno partecipato a titolo personale solo stando all’esterno del
tribunale e mostrando ad esempio la loro solidarietà alle famiglie degli agenti di polizia uccisi. Attraverso questo processo il Marocco, invitando le associazioni e gli osservatori internazionali per i diritti umani, giornalisti, ha voluto dimostrare la sua buona fede e che i diritti umani sono rispettati e garantiti nel paese”.

Intervistato dal quotidiano “al Alam”, uno degli osservatori italiani che ha seguito il processo presso il tribunale di Rabat, Massimiliano (Hamza) Boccolini, ha spiegato che “siamo rimasti stupiti nel vedere come il tribunale fosse aperto al pubblico e fosse
facile accedervi, considerato che prima del nostro arrivo avevamo letto notizie che sostenevano il contrario sulla stampa algerina, per non parlare delle dichiarazioni di alcuni esponenti dei gruppi separatisti secondo i quali il processo si stava tenendo in segreto”.
L’osservatore ha aggiunto che la sua delegazione “ha potuto parlare con il collegio difensivo degli imputati, con i testimoni e con gli altri osservatori internazionali provenienti dall’Europa. E’ stato possibile anche discutere con i membri delle associazioni finanziate
dal Polisario presenti, osservando come tutte le condizioni per un tribunale giusto fossero state rispettare come previsto dal diritto internazionale”.