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Il commercio di antichità egizie finanzia l’estremismo islamico

mallawyDi Nevine el-Aref  (al-Ahram Weekly 20/08/2013)

Traduzione e sintesi di Kawkab Tawfik

La maledizione dei faraoni sembra essersi gettata contro la città di Mallawy, nel governatorato di el-Mynia, nell’Alto Egitto. Mallawy, che una volta era la capitale del faraone Akhenaton, è stata colpita dalle violenze e dagli scontri tra i manifestanti sostenitori dell’ex presidente Mursi e le forze di sicurezza a seguito degli avvenimenti di piazza Raba’a.

I manifestanti hanno fatto irruzione nella stazione di polizia di Mallawy e nella sede municipale per saccheggiare poi il vicino Museo Archeologico uccidendo una delle guardie durante lo scontro. Il museo ora è devastato: le ispezioni effettuate dai curatori del museo hanno rivelato che mancano all’appello 1040 dei 1080 reperti del museo, mentre i manufatti di maggiore volume sono stati lasciati  distrutti a terra.

Il sindacato degli archeologi ha condannato duramente il danno causato al museo di Mallawy descrivendolo come “un crimine contro il patrimonio della nazione”. Il coordinatore del sindacato, Salah al-Hadi, ha dichiarato in una conferenza stampa l’intenzione di tagliare i rapporti con tutte le missioni archeologiche straniere, specialmente americane, e impedire ai ricercatori stranieri di entrare nei musei e siti archeologici.  Il sindacato aveva già chiesto al Ministero delle Antichità di cessare la collaborazione con le istituzioni archeologiche straniere, specialmente con il Centro di Ricerca Americano in Egitto e la Chicago House, a causa del “sostegno da parte del loro paese al terrorismo in Egitto”. Ha poi affermato, “non siamo contenti che il nostro patrimonio finisca nelle mani dei nostri nemici… e se il Ministero delle Antichità non accoglierà le nostre richieste, i nostri archeologi lavoreranno da soli a questa politica, tagliando la cooperazione con le istituzioni straniere”.

Il saccheggio al Museo di Mallawy non è l’unico crimine contro il patrimonio egiziano: l’antica necropoli reale di Dahshur, a 40 km a sud del Cairo, ha subito un fallito tentativo di saccheggio da quattro vandali che fingevano di costruire una tomba. Altri tentativi poi sono stati perpetuati nelle Gallerie Archeologiche di al-Bahnasa, ad el-Mynia.

Secondo Mokhtar Al-Kasabani, professore di Archeologia islamica presso la Facoltà di Archeologia dell’Università del Cairo, “la situazione è di gran lunga peggiore di quanto non fosse nel 2011” durante la Rivoluzione 25 gennaio. A suo dire il saccheggio del Museo di Mallawy era stato effettuato proprio per raccogliere fondi per i Fratelli Musulmani e per al-Gamaa al-Islamiyya. Così come il traffico di droga finanzia gli estremisti islamici in Afghanistan, in Egitto il finanziamento proverrebbe dal commercio illegale dei beni culturali. Questo sarebbe stato confermato dalle dichiarazioni di alcuni shuyukh della Fratellanza secondo i quali tanto il commercio quanto la distruzione delle antichità sarebbero leciti. Aggiunge  al-Kasabani che la Fratellanza e le gama’at al-islamiyya volevano la caduta dello Stato al fine di impadronirsi dei beni archeologici e che “la strage alla stazione di polizia di Kerdasa è stato un atto di vendetta contro i poliziotti che avevano impedito i saccheggi”.

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