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Macron e al-Sisi: dalla tragedia alla tragicommedia

Il profitto non guarda in faccia nessuno

Editoriale, al-Quds al-Araby (28/01/2019). Traduzione e sintesi di Mario Gaetano.

La conferenza stampa, convocata da al-Sisi e Macron al Cairo, si è trasformata in una sceneggiata di ipocrisia diplomatica, che ha mistificato la realtà e ha fatto circolare mezze verità.
Probabilmente il motivo di questa “conferenza” è da ricercare nella firma dei contratti per il settore militare, dei trasporti, dell’energia, ecc… Di qui la sceneggiata che non rappresenta nulla di nuovo nelle relazioni tra l’Egitto e il Paese esagonale o tra l’Egitto e gli altri Paesi occidentali.
Il presidente francese, prima di giungere in visita nella terra dei faraoni, ha affermato che la situazione dei diritti umani in Egitto è peggiorata dall’ultimo incontro avuto con al-Sisi a Parigi nell’ottobre del 2017. In effetti, la campagna di arresti del regime egiziano non riguarda più solo gli oppositori politici, ma si estende anche a coloro che non costituiscono una minaccia per il governo: giornalisti, gay, uomini e donne.
La posizione assunta da Macron nei confronti del suo omologo egiziano appare discutibile, soprattutto se confrontata con quella assunta nell’ottobre 2017 in occasione della conferenza stampa franco-egiziana. Lì, Macron ha giustificato i metodi autoritari del presidente egiziano, contrabbandandoli come strumenti di lotta al terrorismo; il presidente francese, in particolare, ha proferito queste parole: “Credo nella sovranità degli Stati e non impartisco lezioni a nessuno, così come, io non voglio che gli altri diano lezioni a me”.
In quest’ultima conferenza stampa, il generale al-Sisi non ha fatto altro che ripetere la solita cantilena sulla difesa dei diritti umani e sulle difficili sfide che attendono l’Egitto ecc… . Allo stesso modo, Macron, quando dice che la svolta autoritaria del governo egiziano minaccia la stabilità del Paese, sembra avere la memoria corta, almeno sulle sue dichiarazioni inerenti al governo del generale.
Per tornare di nuovo al governo egiziano, sembra che al-Sisi parli della sua leadership, quasi come se l’Egitto inizi e muoia con lui. Egli sottolinea il fatto che, durante il suo mandato, non è stato usato un solo carro armato contro i manifestanti. Ma la verità è tutt’altra. I rapporti diffusi dalle organizzazioni egiziane e internazionali sui diritti umani parlano di sessantamila prigionieri, di migliaia di sparizioni forzate, di vittime di tortura, di repressione delle libertà, di chiusura di blog e social.
I rapporti dicono, inoltre, che nel 2010, l’ammontare di vendite di armi francesi al Egitto, ha superato i 39,6 milioni di euro dopo la fine del regime di Mubarak, arrivando a 838,4 milioni di euro nel 2014 dopo il colpo di Stato, fino a un 1,3 miliardi di euro nel 2016.
Visti questi dati, l’establishment francese sembra essere il soggetto meno adatto per parlare di diritti umani.

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