Daesh Siria Zoom

L’Occidente ama la propaganda di Daesh e meno la Siria

Di Lizzie Porter. Middle East Eye (03/07/2016). Traduzione e sintesi di Sebastiano Garofalo.

C’è una foto della Siria che ho visto troppe volte. È quella di un combattente vestito di nero, con la bandiera dello Stato Islamico in una mano e un AK-47 nell’altra. Marcia lungo una strada di condomini in quello che dovrebbe essere la città settentrionale di Raqqa. In tutto il mondo, in un mese, ci sono circa cinque milioni di ricerche su Google per il termine “ISIS”. Noi amiamo il brivido agghiacciante che scaturisce dalla visione delle immagini che mostrano esecuzioni ed esercitazioni militari, bandiere nere increspate sotto l’afa della Mezzaluna Fertile.

Quell’immagine di Raqqa è solo una delle migliaia – probabilmente milioni – di foto che raffigurano le attività di Daesh (ISIS). È assolutamente giusto che tutto ciò sia documentato. Ciò dimostra però anche l’ossessione degli occidentali a riguardo. Ogni volta che il gruppo terroristico rivendica un attacco in Europa, l’Occidente gli offre la visibilità mediatica che ricerca. Daesh sa che i giornalisti e i politici alimentano tutto questo con dichiarazioni, immagini di alta qualità e video. E così fanno. Il gruppo terroristico gestisce un canale mediatico, al-Furqan, che produce video multilingue e pubblica centinaia di fotografie di alta qualità. Ai politici piace parlare di “giro di vite” sui simpatizzanti dell’Isis. Il terrorismo distrae da altri problemi.

Ma c’è un’alternativa all’infinita e inconsapevole propaganda in favore di Daesh. La Siria questa settimana piange la morte di un giornalista che ha documentato alcune delle peggiori violenze spesso commessoe dal regime e dai suoi alleati in Siria. Al-Issa è morto venerdì scorso a soli 24 anni, è morto in un appartamente ad Aleppo a causa dell’esplosione di un ordigno improvvisato. Amici e attivisti ritengono che si tratti di un omicidio, anche se nessun gruppo ne ha rivendicato la responsabilità. Khaled negli ultimi quattro anni ha mostrato al mondo che la stragrande maggioranza dei civili uccisi in Siria sono vittime del governo. “Non siamo in grado di coprire tutti gli episodi di sangue”, ha spiegato una volta, “abbiamo bisogno di un migliaio, se non di migliaia, di giornalisti per documentare tutti i crimini che avvengono ad Aleppo”.

Queste non saranno notizie accattivanti, ma sono fondamentali per costruire la Siria che i nostri figli vedranno in futuro. Vogliamo che le future generazioni credano che Daesh sia stata l’unica cosa che la Siria abbia mai prodotto? Anzichè parlare incessantemente del cosiddetto Stato Islamico, offrendogli la visibilità mediatica che cerca, dovremmo concentrarci di più sulla Siria com’era ed è. Dobbiamo dimostrare di più le opere come  quelle di Khaled. La sua scomparsa lascia un vuoto e noi abbiamo il dovere di ricordare persone come lui, non i soldati che cercano gloria per le strade di Raqqa.

Lizzie Porter è una giornalista freelance che si occupa di Medio Oriente e Nord Africa.

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