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L’oasi di Siwa

Siwa, la città che dorme, tace nel silenzio del deserto, e guadandola alla luce del tramonto sembra di osservare le macerie di una città sgretolatasi sotto le bombe di una lontana guerra. Siwa, la più grande oasi del deserto occidentale dell’Egitto, la città più ad oriente abitata dalla popolazione berbera. Da Tangeri, Marocco, a Siwa Egitto, questo popolo si estende su tutto il territorio del Nord Africa.

Cosa vuol dire essere berbero nel 2012 in Egitto. Me lo chiedo mentre guardo i gesti di Helwan mentre prepara il thè sulla brace del fuoco, acceso per riscaldarci dal freddo insidioso delle notti del deserto. Me lo chiedo guardando i suoi gesti sicuri, non curanti del calore proveniente dai tizzoni roventi.

Helwan è sposato ed ha tre figli, la sua vita si divide tra le gite nel deserto dove accompagna i turisti, ed il lavoro nel ristorante del paese, gestito da tutta la sua famiglia. Se chiedi ad Helwan se ama la sua vita ed il suo lavoro, rimani spiazzato dal suo sguardo di sorpresa e dal tono di voce incredulo con cui ti risponde “Certo che lo amo, guardati intorno”. Ed in effetti se si entra per un attimo in questa atmosfera, allontanandosi dai rumori della società e della quotidianità di cui siamo assuefatti non si può dargli torto.

Avrei voluto fare la stessa domanda ad una donna siwana. Purtroppo in questa città è impossibile avvicinarsi ad una donna. Siwa infatti è rinomata come una delle città più tradizionaliste dell’Egitto. La vita delle donne qui è regolata da tradizioni molto rigide che gestiscono ogni aspetto della loro vita, dall’abbigliamento, diverso a secondo del proprio stato civile, alla possibilità di avere qualsiasi tipo di contatto con uomini esterni alla propria famiglia, o tribù,  alla possibilità di muoversi autonomamente fuori casa.

Tutte le epoche e tutte le grandi figure storiche hanno lasciato un segno in questo luogo, dal tempio dell’Oracolo del faraone Amasis, dove il grande Alessandro Magno consultò l’oracolo prima di fondare la città, alla cittadella fortificata di Shali che ha resistito ad invasioni tribali e guerre mondiali. Chissà come questa società si evolverà nel futuro, come affronterà il contatto con la società che la circonda e che si avvicina bussando sempre più forte alla sua porta. Chissà cosa resterà a ricordo di questo scontro.

Silvia Di Cesare