Politica Zoom

Lo sconvolgimento dell’immagine della primavera araba e delle sue rivoluzioni

Di Hassan Shami – Dar Al Hayat (5/02/2012). Traduzione di Viviana Schiavo

L’immagine della primavera araba è sempre più sconvolta. Ai colori vivaci della primavera che promettevano rinnovamento, si sono aggiunti colori più scuri che invadono la scena non solo lateralmente, ma nel suo fulcro. Si è infatti spezzato il consenso pubblico sulla definizione di “primavera”.

Anche l’attributo “rivoluzionario”, dato nella maggior parte dei casi con generosità folkloristica al movimento arabo, assiste ad un’incrinatura nella sua immagine. Spesso queste agitazioni non sono state rivoluzioni nel vero senso del termine, se le paragoniamo all’esempio delle poche rivoluzioni contemporanee, le cui forze, programmi e autorità esistevano prima e durante il movimento rivoluzionario.

Tutto ciò non sminuisce il valore del movimento arabo né la sua portata. Al contrario, quest’analisi restituirà al coraggioso movimento popolare un’espressione all’altezza  del desiderio di liberazione dalla stretta di poteri avidi e feroci. Infatti, le «rivoluzioni» arabe inaugurano molte stagioni, tra cui la stagione del «caos e della violenza».

Ciò che ci spinge a parlare di stagione araba del caos e della violenza non è legato direttamente alla strage avvenuta durante l’ultima partita di calcio nella città egiziana di Port Said, né ai combattimenti in Libia o alle agitazioni meno violente in Tunisia. Il riferirci a caos e violenza dipende da altro; entrambi, infatti, sono caratteristiche della fine di un’epoca, di un governo o potere senza che ci sia una rivoluzione evidente. Questo per dire che la rottura dell’immagine della rivoluzione e della sua primavera è un prodotto dei dubbi e dei sospetti sugli inizi e le conclusioni di questa rivoluzione.

I dubbi sono cominciati con il piegamento della Libia e l’intervento diretto della NATO. Non ci addentriamo ora nella discussione sulla legittimità politica dell’intervento e dei suoi calcoli petroliferi e strategici. Ciò che ci interessa è che questo intervento equivale a una dichiarazione di entrata delle forze atlantiche nella linea del movimento allo scopo di controllarne lo sviluppo. In questo senso è sconvolto l’equilibrio tra l’interno e l’esterno a vantaggio di quest’ultimo, eliminando, in questo modo, uno dei presupposti di ogni rivoluzione.

Le sollevazioni tunisina ed egiziana sono più vicine a quest’immagine in cui la società nazionale è ridisegnata dall’interno in conformità alla norma politica, giuridica, costituzionale. Al contrario, il piegamento della Libia significa che le rivoluzioni devono adattarsi alle richieste delle forze internazionali e non il contrario.

Tutti questi fattori sono concentrati in modo particolare nella situazione siriana; questo chiarisce la posizione della Russia e della Cina, che rifiutano qualsiasi cosa metta in pericolo i loro interessi e il loro status di superpotenze.