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Lo scontro tra Marocco e Algeria nell’arena africana

Marocco Algeria
Le operazioni marocchine per rientrare nell’Unione Africana viste in rapporto alle relazioni con la vicina Algeria in difficoltà

Di Tawfiq Ribahi. Al-Quds al-Arabi (08/11/2016). Traduzione e sintesi di Emanuele Uboldi.

Da quando ha chiesto la riammissione nell’Unione Africana, dopo l’uscita volontaria di 30 anni fa, il re del Marocco Mohamed VI corre contro il tempo con le proprie visite in Africa. In realtà il re cerca di colmare il vuoto, e porre rimedio, dell’eredità dell’Algeria nell’arena africana.

Tre settimane fa il re ha fatto visita a tre Stati che potrebbero essere definiti paesi chiave nel continente africano: l’Etiopia, che da sola fa sfoggio di potere strategico e storico per chi si approccia all’Africa; la Tanzania, il cuore pulsante dell’Africa custode di elementi africani e islamici; e il Ruanda, che vede uno sviluppo economico e sociale dopo le guerre civili. Le visite in questi Stati sono state accuratamente calcolate, in quanto miravano a stati fuori dall’orbita diplomatica marocchina e al tempo stesso fuori dall’influenza diplomatica algerina.

Ora viene il turno del Senegal: il re lo ha già visitato e tra i due paesi ci sono forti relazioni politiche ed economiche, ma domenica 6 novembre è stato un giorno che entrerà nella storia. Il re ha celebrato (a Dakar, n.d.t.) il 41° anniversario della Marcia Verde, indetta da suo padre in direzione del Sahara Occidentale. In quel giorno, il governo senegalese ha dichiarato la propria amicizia e una posizione chiara. Questo avrà un prezzo, poiché il Senegal perde l’Algeria e il fronte dei suoi sostenitori nel continente. Un passo coraggioso del re del Marocco e del governo senegalese.

Almeno finora, il Marocco sembra essere più presente in campo diplomatico dell’Algeria. Lo stato di salute di Bouteflika spiega in parte la questione: è stato lui a tessere le relazioni internazionali facendo il diplomatico in prima persona. Quando smette, l’isolamento aumenta, perché è oramai un fatto reale quanto “la gravità del presidente, che ha un volto” e nessuno può farci nulla.

Un’altra interpretazione si può trovare nelle circostanze oggettive: l’Algeria ha perso molti dei suoi mezzi di influenza estera, materiale ed economica per colpa di passi falsi in campo economico e di sviluppo interno. È si può dire facilmente che le imprese statali – precedentemente forti – non torneranno a essere influenti né a rispondere agli stimoli delle merci, produzioni e imprese africane. Allo stesso modo, il settore privato sta affrontando difficoltà nell’esportazione di beni, know-how e capitali per colpa di regimi fiscali e leggi che non la sostengono, con il risultato che l’Algeria ne uscirà isolata economicamente.

Oggi, tenendo in conto la posizione senegalese di domenica, ci si potrebbe aspettare qualsiasi cosa dalla maggior parte degli Stati africani, eccezion fatta per alcuni di loro, come Nigeria, Sudafrica, Niger e Mali. È un dispiacere che i due stati confinanti, che hanno più aspetti in comune che differenze, si aizzino l’uno contro l’altro, così come è un dispiacere che i due paesi esportino i propri conflitti interni piuttosto che dar vita a un approccio comune per un’Africa unita.

Il confronto tra i due paesi ha preso valore dopo che il Nord del mondo si è lavato le mani degli scontri tra i due e della questione del Sahara Occidentale. Questi paesi hanno il diritto di allontanarsi da un conflitto senza fine, e soprattutto guardare immobili il confronto tra i pericoli alla sicurezza e quelli strategici che vive il mondo intero e il Medio Oriente nello specifico.

Il confronto è diventato importante in Africa a causa della sua levatura politica, sociale, strutturale ed economica che lo fa diventare un palcoscenico prestigioso per lo scontro tra gli stati potenti o quelli che hanno modo di essere influenti poiché non rientrano in categorizzazioni rigide, come il Marocco e l’Algeria.

Tawfiq Ribahi è un giornalista algerino.

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