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L’Iraq diviso sul nuovo inno nazionale

Di Rabih Nader. Al-Monitor (29/01/2014). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

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Il musicista iracheno Adel Najman

Dal momento che il parlamento iracheno non è ancora d’accordo sul nuovo inno nazionale, Adel Najman, un musicista iracheno che vive in Australia, ha deciso di comporre un arrangiamento per la poesia di Muhammad Mahdi al-Jawahiri dal titolo “Salam ala Hadabat al-Iraq” (“Pace sulle Colline dell’Iraq”), uno dei tre testi che da anni sono in corsa per essere selezionati.

Najman ha dichiarato di non essersi riferito a nessun partito politico ufficiale al momento della scelta del testo: “Mi piacevano le parole della poesia perché parlano di pace, che è ciò di cui abbiamo bisogno per ripristinare la normalità in Iraq”, ha spiegato.

La decisione del musicista ha fatto sì che molti iracheni si chiedessero perché i leader politici non fossero riusciti a compiere i cambiamenti necessari per stabilire nuovi simboli nazionali, sebbene siano passati più di dieci anni dalla caduta della dittatura. Tali simboli, come la bandiera e l’inno, sono in cima alla lista, insieme ad alcune leggi che dovrebbero essere ratificate in modo da completare la transizione democratica.

Dopo la sospensione dell’uso del vecchio inno, dal titolo “Ard al-Rafidin” (“Mesopotamia”), è stato imposto l’inno provvisorio “Mawtini” (“La mia Patria”), in attesa di un sostituto approvato dal parlamento. Tuttavia, l’ultimo mandato parlamentare non ha raggiunto alcun accordo e quello attuale, che sta per finire, non ha regolato il disaccordo politico. Queste dispute hanno portato alla cancellazione dell’intesa che stava per essere conclusa l’estate scorsa, quando è stata proposta la bozza della legge sull’inno nazionale.

È ovvio che tali dispute sono per lo più di natura settaria. L’approvazione dell’inno è legata alle modalità di rappresentazione dell’identità nazionale irachena. Il punto essenziale della disputa sta nel fatto che le componenti non-arabe richiedono che vengano inseriti nel testo dei versi nelle loro lingue.

Hamid Bafi, membro parlamentare della coalizione Alleanza del Kurdistan, ha spiegato che “la Costituzione indica che l’Iraq è pluralista in termini di affiliazione, di gruppi e di confessioni nazionaliste. La Costituzione, inoltre, enfatizza l’importanza della menzione di tutte queste componenti nell’inno nazionale e nella bandiera. Tuttavia, alcuni partiti insistono ancora su un sistema strettamente centralizzato, ostacolando così le leggi che garantiscono i diritti e le libertà dei cittadini iracheni”.

In base all’Art. 12 della Costituzione, “la bandiera, l’inno nazionale e l’emblema dell’Iraq vanno stabiliti per legge in modo da rappresentare le componenti del popolo iracheno”.

Da parte sua, secondo Hassan al-Yassiri, membro parlamentare della Coalizione dello Stato di Diritto, si è verificata “un’errata interpretazione dell’articolo della Costituzione”. Al-Yassiri ha spiegato che “è nata una disputa tra i parlamentari dell’Alleanza curda e quelli degli altri blocchi circa l’inclusione di alcuni versi in curdo. Tale disputa ha spinto i rappresentanti turcmeni a chiedere a loro volta l’inclusione di versi nella loro lingua”. Al-Yassiri, che era consigliere del Comitato per la stesura della Costituzione, ha aggiunto: “Il requisito costituzionale per cui l’inno debba unire simbolicamente tutte le componenti del popolo iracheno non significa usare la loro lingua. C’è un’enorme differenza tra l’inno nazionale e la lingua ufficiale. Alcuni stanno mischiando le due cose. Credono che l’inno non sia nazionale finché non sia scritto in più lingue”.

Il grave errore del non accordarsi su questi elementi basilari riflette, essenzialmente, l’incapacità dei legislatori iracheni di definire i dettagli di cui il governo ha bisogno per completare la sua transizione dalla dittatura alla democrazia, nonostante sia già passato un decennio.

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