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L’intramontabile cultura dell’odio

Abd al-Rahman al-Rashed (Al-Sharq al-Awsat – 15/09/2012). Traduzione Carlotta Caldonazzo

A dare inizio allo scontro è stato l’Ayatollah iraniano Ali Khamenei, che nel 1988 aveva emesso una sentenza di morte (una fatwa) contro uno scrittore fino ad allora sconosciuto al pari della sua narrativa. Si tratta dei Versetti Satanici, tutt’ora in commercio, che ha reso l’autore Salman Rushdie uno scrittore di fama internazionale, squarciando la coltre di oblio che aveva sepolto i suoi tre romanzi precedenti. Al conflitto aperto da Khamenei avevano preso parte il defunto colonnello Muammar Gheddafi e altri, considerandola un’ottima occasione per guadagnare consensi.

In seguito si sono verificate scaramucce simili, come quella scoppiata cinque anni fa dopo la pubblicazione di vignette irrispettose da parte del quotidiano danese Jyllands-Posten, o quella innescata nel 2004 dal cortometraggio Submission del regista olandese Theo Van Gogh (ucciso due mesi dopo), per arrivare alle copie del corano date alle fiamme lo scorso aprile in Florida dal pastore Terry Jones. Il caso dell’Innocenza dei musulmani tuttavia suscita maggiore preoccupazione, anzitutto perché il regista è un coopto egiziano e la pellicola è stata messa in rete proprio quando l’Egitto è sull’orlo di un conflitto settario tra coopti e musulmani. Lo scontro dunque si riaccende all’indomani della “primavera araba”, tanto celebrata in primis dagli Usa come momento di costruzione del dialogo tra i popoli e di abbattimento di regimi autoritari.

Chi crede che il “conflitto di civiltà”, anzi di religione, finirà nei prossimi decenni si sbaglia di grosso. Al contrario il conflitto aumenterà, non per l’aumento numerico di chi ha interesse a insultare le religioni altrui (personaggi che esistono da sempre), ma a causa della diffusione dei mezzi di comunicazione e, di conseguenza, dell’espansione dei circoli di attivisti di tutti gli schieramenti. Un esempio fra tutti: qualche settimana fa è stato trasmesso un documentario molto più irrispettoso dell’insulso film pubblicato su YouTube (di scarso valore sia per realizzazione che per contenuti) che ha suscitato le violente proteste di questi giorni. L’autore del documentario sosteneva infatti che l’islam e il Corano erano sorto solo un secolo dopo l’occupazione del Medioriente da parte degli arabi. Eppure, non essendo stato diffuso sul web, nessuno se ne è curato. C’è anche un altro film statunitense, realizzato con altissimi costi di produzione, che prende di mira l’islam, ma anche questo è passato sotto silenzio perché la mancata diffusione in rete lo ha tenuto al di fuori della cultura popolare e dello scontro politico.

Non è solo l’islam a essere bersaglio di insulti. Cristiani, ebrei e induisti portano avanti le loro battaglie contro strali artistici e letterari. La differenza è nel fatto che i musulmani sono afflitti dalla presenza, al loro interno, di gruppi estremisti armati come al-qaeda, che ritengono un loro dovere difendere l’islam. Gruppi di cattolici radicali hanno organizzato proteste per bloccare l’uscita del romanzo Il Codice Da Vinci, che nega la natura divina di Cristo. In precedenza un pulviscolo di polemiche si era diffuso attorno al film di Mel Gibson La Passione di Cristo, la cui realizzazione, secondo alcuni cristiani, è stata osteggiata da diversi esponenti delle comunità ebraiche. Tutti film di rilievo, che hanno alimentato tensioni e ostilità in un momento di fermento politico, intellettuale e tecnico.

Di contro nessuno si preoccupa di chi sfida simili opere producendone altre di migliore qualità: film, libri, opere che difendono la religione in modo positivo e cercano di infrangere gli stereotipi che si diffondono di pari passo alle molteplici forme di ostilità. Il regista kuwaitiano Nayf al-Mutawwa ha realizzato il film di animazione 99 e documentari in inglese rivolti alle nuove generazioni sulla storia dell’islam e i suoi fattori di miglioramento. Sono in pochi a impegnarsi in questo senso, ma nessuno ha organizzato manifestazioni per ringraziarli e quasi nessuno si è premurato di caricare le loro opere su Youtube. Il problema è che oggi si assiste a qualcosa di più di una semplice ondata di rabbia contro un film che insulta l’islam. Si sta diffondendo infatti l’odio tra le diverse fazioni e le diverse sette religiose. Due settimane fa nel corso di un programma televisivo la polemica tra sciiti e sunniti si è risolta nello scontro fisico tra gli ospiti, mentre in Libia la distruzione di mausolei sufi da parte dei salafiti rischia di sfociare in scontro aperto. Intanto in Marocco un gruppo di “semiletterati” ha annunciato di recente sui media locali che il paese segue la scuola giuridico-religiosa malikita, quindi per gli hanbaliti non c’è posto. Da questi esempi si nota come i rapporti tra le diverse componenti di una società possano facilmente deteriorarsi se nessuno si preoccupa dei rischi futuri. Il conflitto religioso ha già diviso il Sudan e rischia di produrre risultati simili in Iraq e Libano, per non parlare della Siria del futuro.