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L’intervento in Siria visto da Berlino

cancelliera Angela Merkeldi Charles Hawley (Der Spiegel 27/08/2013). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

Un report nel quotidiano greco Kathimerini ha rivelato martedì che Washington avrebbe inviato una richiesta formale ad Atene per il permesso di usare due basi militari in Grecia, una sull’isola di Creta e l’altra nella penisola del Peloponneso. Citando fonti della Difesa greca, il quotidiano riporta anche che si è registrato un incremento nell’attività aerea americana.

Stando ad ulteriori fonti, gli Stati Uniti avrebbero inoltre quattro cacciatorpedinieri nelle acque del Mediterraneo orientale. Tutte queste notizie sono giunte appena un giorno dopo che il Segretario di Stato americano John Kerry ha rilasciato la nota in cui si condanna l’apparente uso di armi chimiche in Siria della scorsa settimana, definendolo una “oscenità morale” e affermando che “è innegabile”.

Anche la Germania, lunedì, ha mostrato un’accresciuta volontà di prendere in considerazione una risposta decisa all’uso di gas tossici in Siria. Il portavoce della cancelliera Angela Merkel, Steffen Seibert, ha detto al riguardo che “il presunto, ampio uso di gas ha rotto un taboo. Richiede conseguenze e una risposta molto chiara”. Nel suo intervento ha più volte ribadito che rifiuta di escludere l’uso della forza. L’indomani, gli editorialisti tedeschi hanno lanciato un monito su un attacco militare che potrebbe peggiorare le cose. Ecco alcune visioni espresse da una selezione di editoriali tedeschi.

Il quotidiano economico Handelsblatt ha scritto:

“Le guerre umanitarie sono comunque guerre. Coloro che vi si gettano a capofitto per ragioni morali dovrebbero anche voler vincerle. I missili Cruise sparati dai cacciatorpedinieri possono mandare un messaggio e fare mostra di convinzione, ma non possono decidere l’esito di una guerra. Tantomeno può deciderlo un bombardamento alla “Poi Vedremo”. Ci deve essere una motivazione strategica dietro quella morale, e ciò richiede perseveranza”.

“Ci sono numerose, possibili considerazioni strategiche. Una è quella di mettere in difficoltà Russia e Iran, che stanno perseguendo entrambe il freddo calcolo di salvare Assad per accrescere la loro influenza nella regione. Per l’amministrazione Obama, un’altra motivazione è quella di dimostrare il peso dell’America nella regione dopo anni di ritirata. Poi c’è la considerazione di voler tenere a bada Israele dal lanciare il suo sconsiderato attacco. Quindi, il regime di Assad deve andarsene – e la testa di ponte russo-iraniana con esso. Questa, certo, sarà solo la prima guerra. A seguirla dovrebbe essercene una seconda per combattere al-Qaida e il fronte al-Nusra, in modo da evitare che la nazione divenga fonte di terrore islamista”.

“Seguendo questa logica, si comprende che non c’è alcuna guerra che possa essere breve e poco costosa. Imperativo morale versus interessi ed abilità: gli attacchi col gas cambiano poco in questo enigma. Non fare nulla non è comunque una soluzione. Ma qualunque cosa si faccia, bisognerebbe valutarla a fondo. Entrare in guerra è sempre più facile che vincerla”.

Il quotidiano con tendenze a sinistra Die Tageszeitung ha scritto:

“È un riflesso umano. E ancora di più: quelli che, vedendo le immagini dei bambini siriani uccisi, non hanno provato l’impulso di invadere subito la nazione, hanno perso la propria umanità. Cosa che rende tanto più rassicurante che i partiti politici della Germania non abbiano cercato di usare simili emozioni per il proprio vantaggio politico”.

“Ma le emozioni suscitate dalle immagini dei bambini morti non possono essere il fattore decisivo. Sappiamo che i successi militari a breve termine non sempre significano miglioramenti a lungo termine per le popolazioni coinvolte. Soprattutto ora, in un momento in cui la regione appare così infiammabile, tutte le alternative a un attacco militare vanno considerate”.

Il quotidiano di centro-destra Frankfurter Allgemeine Zeitung ha scritto:

“Un taboo rotto, un crimine contro la civiltà: la cancelliera Angela Merkel e il ministro degli Esteri Guido Westerwelle hanno scelto parole chiare per condannare gli attacchi col gas velenoso in Siria. Entrambi, insieme ad altri leaders occidentali, hanno lasciato pochi dubbi sul ritenere che dietro ci sia Assad. La Merkel ha fatto capire chiaramente che la faccenda va punita. La domanda è: da chi?”

“Anzitutto saranno gli Stati Uniti a determinare o meno una reazione militare. Il presidente Obama intende prima di tutto assicurarsi sulle armi chimiche della Siria, e non su Assad: una motivazione già abbastanza seria. Ma dovrà considerare le possibili conseguenze in una regione travagliata. Moniti sul fatto che la violenza potrebbe diffondersi sono giustificati, ed obsoleti. La guerra siriana ha già da tempo superato i confini verso il Libano e l’Iraq. Berlino, intanto, vuole stare dalla parte dei suoi alleati stavolta, piuttosto che restare ai margini come nella risposta data in Libia. Senza coinvolgimento militare diretto, certo”.

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