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L’industria dittatoriale ai tempi della globalizzazione

Zoom 22 ott industriaDi Talaat Ramih. Elaph (18/10/2013). Traduzione e sintesi di Alessandra Cimarosti.

Pare che l’industria dittatoriale, una delle più importanti lezioni ed esperienze acquisite da parte del mondo arabo, sia diventata la soluzione alle crisi che stanno vivendo numerosi Paesi, vista la pressione del fallimento, del caos, dell’aumento della povertà e della fame e nonostante i numerosi sforzi per la costruzione di un moderno Stato civile. Tale industria acquisisce vigore dinnanzi agli occhi di tutti, in un momento in cui i Paesi della primavera araba vivono una battuta d’arresto nella costituzione di un regime democratico moderno, di istituzioni economiche e amministrative basate sulla rinascita.

Le ragioni dello stallo nell’affluenza alle elezioni, nella libertà, nella costruzione di un nuovo Paese, nell’affermazione dell’importanza del ruolo del popolo rispetto al ruolo del singolo sovrano assoluto, sono molteplici.

La primavera araba non ha leader acculturati e saggi e ciò significa  che la costituzione di uno Stato moderno è un lavoro lungo e complicato che richiede cautela, prudenza, pazienza, senza calcolare i rischi regionali e internazionali; senza calcolare che molti Stati cercheranno di far tornare i popoli alla schiavitù; senza calcolare che non ci sono stati sforzi per la rinascita economica e sociale, sulla base della giustizia e dello sviluppo.

Ad alimentare la battuta d’arresto, poi, è stata la convinzione generale che sarebbe stato facile, che sarebbe stato sufficiente destituire il dittatore; non c’è stata, durante le rivoluzioni, la preparazione di programmi e di direttive riformiste politiche, sociali ed economiche. Così, dopo lo scoppio delle ribellioni, la gente si è ritrovata, al contempo, sia nel sogno fiorente della primavera araba, sia in una realtà quotidiana da incubo. La gente si è ritrovata senza sicurezza a guardare quegli Stati che vivono un autunno stabile, senza nessun disordine o combattimento.

Da parte loro, gli Stati Uniti si sono sempre schierati dal lato opposto, fornendo le proprie conoscenze sulla gestione delle comunità, degli Stati, dei conflitti interni per la creazione di un dittatore con le sue oscure propagande sull’integrità e sul lavoro per la libertà e per i diritti umani. Sono sempre riusciti a raggiungere i propri obiettivi con l’indebolimento di tutti, senza dover pagare nessun prezzo. Nel caso della Siria, gli Usa sono stati anche più brillanti che in Iraq, rimanendo tra i più grandi partner nel settore di quest’industria.

Il dittatore è la soluzione. Quando i politici perdono sé stessi, i propri interessi, le proprie posizioni, cercano di riguadagnarsi i diritti derubati, col desiderio di realizzarsi anche a spese degli altri.

L’industria dittatoriale arriva in ogni angolo del mondo arabo. Ci sono nuovi segnali che permetterebbero l’affermazione del popolo e del suo ruolo, ma il conflitto è ancora in corso.

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