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L’incerto destino del “Mare Nostrum”

Articolo di Roberta Papaleo.

A un anno dalla tragedia del 3 ottobre 2013, dopo milioni di euro spesi e centinaia di vittime, il futuro dell’operazione “Mare Nostrum” è tutto da decidere.

Il dibattito è in sospeso (o non lo è mai stato) tra il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano, e il commissario europeo agli Affari Interni, Cecilia Malmström: di fatti, mentre il primo dichiara ormai la fine dell’operazione italiana, la Malmström (portavoce delle istituzioni europee in questo caso) ha più volte chiaramente evidenziato che gli sforzi europei non potranno in nessun modo sostituire il lavoro svolto dalla Marina Militare Italiana.

Cerchiamo di riordinare le idee:

Mare Nostrum, operazione della Marina Militare Italiana, è stata lanciata nell’ottobre 2013 per il recupero e salvataggio di profughi nel Mediterraneo, di cui la stragrande maggioranza in fuga dalle zone del conflitto nella regione del MENA, specialmente dalla Siria attraverso la Libia: un recente comunicato dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (IOM) ha riportato che nell’ultimo anno il numero di profughi siriani è arrivato a 32,681 persone.

Sin dall’inizio dell’operazione, l’Italia ha fatto appello per un maggior aiuto da parte dell’Europa, nello specifico di un’ulteriore assistenza da parte di Frontex, agenzia europea per il controllo delle frontiere comunitarie che da alcuni anni opera nel Mediterraneo con diverse operazioni (principalmente Aeneas ed Hermes) con l’obiettivo di monitorare e combattere l’immigrazione clandestina nel bacino.

La risposta dell’UE è arrivata in agosto, in occasione dell’incontro tra Alfano e Malmström per discutere dell’emergenza migratoria nel Mediterraneo. In quell’occasione, la Malmström dichiarò che Frontex avrebbe incrementato i suoi sforzi nel mar Mediterraneo per dar man forte all’Italia sulla questione dei flussi clandestini e sostenere l’attività della Marina con una nuova operazione europea, tale “Frontex Plus”. Già da allora, il ministro Alfano aveva dichiarato che questa nuova iniziativa dell’agenzia europea avrebbe rimpiazzato Mare Nostrum. Tuttavia, nella nota operativa redatta da Frontex, datata 28 agosto, era già ben chiaro che un’eventuale operazione non avrebbe mai sostituito Mare Nostrum, sia in termini di obiettivi sia in termini di budget (lo vedremo più avanti).

Lo scorso 2 ottobre, in una dichiarazione ufficiale, la Malmström ha finalmente annunciato il futuro avvio della cosiddetta “Triton”, la nuova operazione Frontex che dovrebbe avere inizio il prossimo 1° novembre (benché lo stesso commissario dubita che prima della fine di tale mese verrà messa in atto) e che si presenta come l’unione delle due precedenti operazioni mediterranee Aeneas ed Hermes. Ancora una volta, nessun riferimento al fatto che Triton sostituirà Mare Nostrum, ma solo l’ennesimo appello a un maggiore contributo da parte degli stati membri dell’UE.

Il punto è che, pur volendo, Triton non potrebbe mai sostituire un’operazione della portata di Mare Nostrum. Perché? Quali sono le differenze?

La differenza sostanziale, madre delle altre disparità tra le due operazioni, sta nello scopo primario. Triton, restando nell’ambito di competenza dell’agenzia Frontex e delle operazioni mediterranee da essa anteriormente promosse, si continuerà a occupare, fornendo un maggiore sostegno alle attività italiane di sorvegliare le frontiere. Mare Nostrum, invece, resta (lo è sempre stata e forse lo sarà ancora) un’operazione di salvataggio e soccorso di persone in pericolo nelle acque mediterranee.

A questo aspetto “operativo”, fa eco ovviamente quello economico: mentre la Marina Militare Italiana ha speso circa 9 milioni di euro al mese per finanziare l’operazione Mare Nostrum, il budget stimato per l’implementazione di Triton non arriva ai 3 milioni mensili. Senza bisogno di dirlo, un tale divario nelle risorse economiche tra le due operazioni comporta che anche i mezzi a disposizione di Frontex non saranno paragonabili a quelli messi a disposizione da un corpo militare nazionale quale la Marina Militare.

Servendoci delle parole di Jil Arias, direttore di Frontex, risulta ovvio che “la nuova operazione non sostituirà Mare Nostrum, perché non consentito né dal mandato né dalla disponibilità delle risorse”.

Quindi, il futuro del “Mare Nostrum” lascia molte questioni in sospeso, da diversi punti di vista: da un lato, per quanto riguarda la continuità della stessa operazione della Marina Militare, decisione che grava solo sulle spalle del governo italiano; dall’altro lato, e di conseguenza, la situazione attuale non fa che ricordare all’Unione Europea la gravità della mancanza di un approccio comune in materia di asilo e immigrazione, una lacuna che affonda le sue radici nelle politiche di ogni Stato membro, e che va ben aldilà del Mediterraneo e delle frontiere esterne dell’Europa.