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Libia: è scoccata l’ora della pace?

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Di fronte al cambiamento dell’ordine mondiale sta crescendo la possibilità di una conciliazione che possa porre fine al conflitto: un’ultima speranza prima del baratro

Di Walid al-Talili. Al-Arabi al-Jadeed (22/01/2017). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.

Molte persone non capiscono per quale motivo si debbano versare fiumi di sangue e distruggere qualsiasi cosa si erga all’orizzonte, prima di sedersi a un tavolo e cercare un’intesa. Non comprendono neanche perché si sprechino anni di conflitto mentre v’è la piena consapevolezza che nessuno avrà la supremazia in un contesto in cui si accumulano armi e munizioni, specialmente con l’avvento di milizie separatiste e la capacità di cambiare le situazioni da parte di singoli come fanno i terroristi. Ma nonostante ciò, si è consapevoli che prima o poi ci sarà il momento dei negoziati per condividere la vita.

Gli esperti definiscono questa situazione con termini come; “mutamento delle condizioni”, “miglioramento delle condizioni di negoziato”, “distruzione prima della ricostruzione”. Questo tipo di discorsi hanno una logica ferrea in quanto, con tutta probabilità, le zone del globo si stanno preparando a nuovi contesti internazionali a un nuovo ordine mondiale. In effetti, è coerente sostenere tutto questo di fronte alla realtà attuale, tuttavia non si capisce come sia possibile che le forze interne abbiano ceduto a progetti escogitati da lungo tempo visto che c’era la possibilità di prevedere e evitare i loro effetti.

Questa serie di interrogativi prioritari si possono applicare a tutte le situazioni di conflitto presenti in Iraq, in Siria, in Yemen e in Libia. Un popolo con una casa avrebbe la possibilità di riunirsi in una terra che riunisce e non discrimina; si potrebbe raggiungere una risoluzione al conflitto con nuovi mezzi che non siano le pallottole. Un esempio di ciò è dato dal modello della Tunisia, malgrado tutti i piani architettati che mirano ancora oggi alla sua distruzione e al suo aborto; in quanto, molte fazioni ritengano che si tratti di “un modello abominevole da abbattere con ogni mezzo”.

Se vi fosse il dialogo in Yemen, o in Siria, e si salvassero gli sforzi dei momenti finali prima della caduta, cosa accadrebbe? Le persone razionali si sono accorte che il sentiero della distruzione è vicino? Queste domande rimangono attuali, specialmente nella situazione odierna in Libia, dal momento che sta emergendo velocemente una consapevolezza, araba e libica, che possa rendere praticabile la strada verso una possibile conciliazione. Apparentemente questa è l’ultima occasione di speranza prima della distruzione totale.

Un ex ufficiale libico racconta come le condizioni delle persone siano deteriorate senza denaro, lavoro, elettricità, acqua e senza una speranza. Inoltre, c’è stato un calo della produzione di petrolio e gas e il conseguente calo delle esportazioni verso i partner privilegiati all’estero. Pertanto, ne deriva che i libici, le forze maggiori e i vicini stanno perdendo e non ci guadagna nessuno eccetto i commercianti d’armi. Del resto, tutti le parti in causa stanno aspettando un segnale occulto che ponga fine alla crisi e dia inizio al processo di pace. In una meschina teatralità del genere, conosciamo bene come comincia e come va a finire, ma ci accontentiamo di vedere lo spettacolo e di pagarne anche il biglietto.

Walid al-Talili è un giornalista tunisino che scrive per il quotidiano panarabo Al-Arabi al-Jadeed.

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